descrizione

Perché gocce di armonia? Armonia significa sovrapposizione, incontro, combinazione di suoni diversi. Suonare insieme vuol dire anche ascoltare l'altro per potersi migliorare, per poter sentire la musica con l'altro, per poter costruire insieme. Questo è quello che cerco di fare con i miei studenti: creare armonia, insegnando quanto ascoltare e ascoltarsi sia importante per imparare e conoscere insieme, insegnante inclusa.
Speriamo di comporre, goccia dopo goccia, un mare di sinfonie …
Voglio ringraziare la mia amica Cristina per l'aiuto e l'incoraggiamento, senza di lei questo blog non avrebbe mai avuto inizio. Grazie Crì

Il materiale presente nel blog è stato pubblicato con il permesso dei genitori dei ragazzi.

28 febbraio 2014

Una voce dal passato: le leggi razziali

storia
IIIA Arcinazzo Romano
a.s. 2013/14



Il cane abbaiava alla luna. Ma l’usignuolo per tutta la notte tacque di paura.

L. Sciascia, Favole della dittatura






Sul filo della memoria e del ricordo insieme ai ragazzi abbiamo aperto un'ampia finestra sul nostro passato, quel passato che non si dovrebbe dimenticare mai anche se si vorrebbe cancellare, lo stesso passato che ci deve insegnare a non fare più, a non ripetere.
Proporrò qui i testi letti, indicandone la fonte, e l'attività svolta in classe.

Forse ho scelto il modo meno "gentile" per presentare l'argomento, ma dopo che avrò raccontato cosa è successo stamattina a scuola magari sarete d'accordo con me sul fatto che penso di aver raggiunto il mio scopo, anche se attendiamo i testi dei ragazzi.


Ho fatto uscire fuori tutta la classe e poi ho appeso sulla porta il seguente cartello:




Premetto che nella mia scuola (plesso) al nostro piano ci sono tre aule, due primarie pluriclasse e la mia terza media, quindi il bidello era all'erta e le maestre, mie complici, non avrebbero dato asilo a nessuno dei ragazzi estromessi dalla lezione. Sono rientrata con i ragazzi "ammessi", ma non è stato semplice farli rientrare, erano spaesati e non hanno capito subito quel che succedeva. Mentre fuori sentivo discutere animatamente (le maestre mi hanno riferito che parlavano di leggi fasciste), dentro è accaduto quello che non mi sarei mai aspettato; all'inizio non sapevano cosa dire, poi due ragazze hanno cominciato a piangere  ... 
Perché prof ha fatto questo? (risposta: mi è stato imposto)
Noi, prof, siamo 17 e non è giusto, tutti dobbiamo fare storia! (risposta: ora, solo noi possiamo fare lezione)
E' brutto così!
Prof, posso uscire insieme agli altri? (risposta: sì, ma non potrai rientrare e sarai trattata come loro) ... la ragazza si è alzata ed è uscita dall'aula
Prof, io non esco, non voglio essere diverso. 
Sono stati dieci minuti lunghissimi, poi ho fatto rientrare il resto della classe.
Ho chiesto loro scusa, anche se alla fine avevano capito cosa stessi facendo e abbiamo dato il via alle riflessioni.
- siamo stati cacciati senza un motivo valido
- mi sono sentita esclusa, discriminata
- ho provato rabbia nei confronti degli altri rimasti dentro e verso di lei
... per le altre riflessioni aspettiamo i testi dei ragazzi, ma abbiamo discusso molto sulla mia scelta dei criteri usati per escludere i ragazzi, aiutandoci poi con i documenti e le testimonianze dell'epoca.



QUESTIONE DI RAZZA - Trilussa


- Che cane buffo! E dove l'hai trovato? -

Er vecchio me rispose: - è brutto assai, ma nun me lascia mai: s'è affezzionato.
L'unica compagnia che m' é rimasta, fra tanti amichi, è 'sto lupetto nero:
nun è de razza, è vero, ma m'è fedele e basta.
Io nun faccio questioni de colore:
l'azzioni bone e belle
vengheno su dar core
sotto qualunque pelle.




Brani tratti da:
- Tutti i discorsi, Benito Mussolini, 1938
- testo di storia (esercizi e letture)

Attività:

Per chi è uscito dall'aula
Siamo nel 1938, ho quattordici anni, una mattina mi hanno detto che non potevo più andare a scuola perché ero ebreo.
Scrivi una lettera ad un coetaneo del futuro raccontando ciò che hai vissuto (fatti, emozioni, speranze spezzate ... aiutati con le letture fatte) e consigliandolo nella speranza di un futuro migliore.

Per chi è rimasto in aula
Siamo nel 1938, ho quattordici anni, una mattina alcuni miei compagni di classe non sono più venuti a scuola perché ebrei.
Scrivi una lettera ad un coetaneo del futuro raccontando ciò che hai vissuto (fatti, emozioni, speranze spezzate ... aiutati con le letture fatte) e consigliandolo nella speranza di un futuro migliore.


Ero lì fuori, insieme ad altri miei compagni, i miei occhi fissavano quella maledetta porta di legno e nel frattempo scorreva quella scena di quel dito puntato verso di noi che ci aveva detto di andare fuori e non tornare più.
Non potevo più tornare nella mia scuola, nella mia scuola!
Volevo spiegazioni, ma nessuno me le dava perché in fondo delle vere e proprie spiegazioni non c’erano. E fu proprio in quegli attimi che conobbi la tristezza, la vera tristezza che era in ognuno di noi lì fuori. Fu proprio in quegli attimi che capii che quelli lì dentro erano diversi da me, anzi, io ero diversa da loro. In confronto a loro non valevo niente, loro erano più di me.
In quegli istanti capii che potevi essere anche la più bella dell’universo, la più intelligente della classe, la persona più buona in quel mondo, ma eri ebrea, sì, eri ebrea e non eri nessuno, eri solo una persona che nel mondo era nata solo perché c’era posto, né più né meno.
Immagina come potevo essere triste, è come se di punto in bianco arrivasse qualcuno e ti togliesse la cosa più cara che hai. E perché? Perché sono ebrea. La scuola era la mia vita, ma me l’hanno tolta ed è come se mi avessero tolto la vita. Ed in fondo come avrei fatto a vivere senza la mia vita? Da quel giorno, da quel maledetto giorno non ho più vissuto. Ero una semplice bimba che aveva la scuola come passione, ma a loro non gliene importava nulla. Ancora adesso mi fa male ricordare tutto questo, fa male ricordare quelle grida contro di me con quelle dita puntate contro.
Fa male.
Ma fa ancora più male vedere le stesse identiche discriminazioni oggi. Ma tu rifletti, cos’hai più di quel ragazzo con la pelle nera? Oppure cos’ha lui in più di te? Niente, siete persone uguali e allo stesso tempo diverse. Immagina come sarebbe triste il mondo con tutte le facce chiare. Nel mondo c’è bisogno di contrasto, di armonia: il mondo deve essere un arcobaleno e noi dobbiamo essere i colori che ne fanno parte. Hai mai visto un arcobaleno di un solo colore?
Se un giorno vedrai qualche tuo coetaneo discriminare un ragazzo straniero, vagli vicino e digli che quel ragazzo lì è uguale a lui, è una persona come lui.
Se tu credi in te stesso, se credi nell’altro devi lottare affinché oggi questa parola svanisca nel nulla. Devi impedire che riaccada quello che mi è successo perché fidati, si parte da una piccola presa in giro fatta anche per scherzo, ma si arriverà al vero e proprio odio verso una persona. Tu lotta per questo così un giorno potrai gridare « Il mondo è di tutti» .
Elisa




"Uscite da questa classe"
Questa fù la frase che pronunciò la mia professoressa ai ragazzi ebrei,io non lo ero quindi potevo rimanere.
Nella classe rimanemmo in pochi, sembrava quasi vuota senza loro...Non capivamo quello che stesse succedendo e chiedevamo,chiedevamo e chiedevamo di nuovo,ma la professoressa con uno sguardo serio e freddo rispose che faceva solo il suo dovere, che eseguiva quello che le era stato detto di fare.
Le mie compagne scoppiarono in lacrime e vedevo in loro che erano preoccupatissime. Io però avevo capito sicuramente che i miei compagni lì fuori erano uguali a noi, avevano degli occhi per vedere ciò che succedeva, delle mani,un naso una testa un corpo,uguali a me,ovviamente non uguali come una fotocopia,ma il corpo era quello! Avevano un'anima che pian piano qualcuno stava distruggendo. Distruggevano i loro sogni, il sogno d'imparare. Io, in quell'aula così fredda e silenziosa, non mi sentivo differente dagli altri e mentre le mie compagne piangevano decisi di agire e allora chiesi alla professoressa di uscire insieme agli altri. Lei mi rispose: "Se vai fuori, ti tratterò come loro e non potrai più rientrare". Mi alzai e uscìi da quella maledetta porta, senza dire nulla e andai dai miei compagni,lì mi sentivo nel posto giusto. Sinceramente io non ci faccio nemmeno caso se un mio amico è bianco o nero, o se è ebreo o altro... Sto parlando con una persona uguale a me che magari segue altre colture, religioni che segue uno stile di vita diverso dal mio! E io mi incuriosisco anche a chiedere loro come pregano il loro Dio, come seguono la loro cultura! Solo un folle,potrebbe discriminare, odiare l’altro perché diverso, ma siamo tutti diversi! Come se fossimo un prato di mille fiori diversi,ma che nello stesso modo nascono,sbocciano, emanano polline,appassiscono...
Purtoppo nel mondo non tutti che la pensano come me. Ma queste persone capiranno prima o poi che tutto quello che è successo, che ancora succede e mi riferisco alle discriminazioni d'oggi è sbagliato.
Chiara


Ciao Erica,
ti scrivo questa lettera perché ti voglio far sapere che cosa ho provato, sì quel giorno lì … Ho provato cose che tu forse neanche riesci a immaginare soprattutto perché sono passati tanti anni e forse qualcuno ancora non ti ha spiegato che cosa è la diversità. Beh, la diversità come può essere scritto sul dizionario è una presenza di tratti sia fisici che caratteriali che ci rendono  uno diverso dall’altro. Invece, almeno per quanto mi riguarda non è affatto così. La diversità per me non esiste, e non esiste non perché io non la veda, non esiste perché anche se possiamo essere diversi di carattere o di aspetto fisico siamo tutti uguali con un cuore e un’anima. L’unico problema è che per alcune persone che per fortuna adesso non ci sono più, almeno spero, non è mai stato così: non è così perché si sono sempre visti come delle persone superiori a tutti gli altri, non è cosi perché hanno sempre creduto che nel mondo esistono, come le chiamano loro, “le razze”. Sai, mentre ti scrivo questa lettera sto cercando di ripercorrere tutti quei momenti che mi hanno riempito il cuore di lacrime amare; sicuramente ti starai chiedendo che cosa mi ha portato oggi a scriverti, dato che, ora come ora, di questi fatti non se ne parla più tanto, spesso ci dimenticano mentre bisognerebbe ricordare. Ma ti scrivo innanzitutto per dirti  che non ce la faccio a tenermi tutti i ricordi dentro e anche perché c’è bisogno che un adolescente come te conosca tutte queste cose che credo siano molto importanti. Mi ricordo tutto, tutto nei minimi particolari, tutto quanto! Può sembrare quasi impossibile ma è cosi. Come quel giorno, quel giorno si che è stato uno dei più sconvolgenti e tristi della mia adolescenza. Quel giorno è stato il giorno in cui ho capito veramente che la diversità non esisteva, che la diversità era solo qualcosa che l’uomo aveva “inventato” per i propri scopi. Ero a scuola, tutto era tranquillo quando ad un tratto la professoressa di storia ci chiede di uscire tutti fuori dall’aula. Usciamo. Lei esce. Appende un cartello alla porta con scritto che potevano assistere alla sua lezione tutti gli alunni esclusi quelli con i capelli biondi, gli occhi chiari e gli occhiali. Non sapevo che cosa stesse succedendo. In quel momento sapevo solo che io potevo rientrare in classe e fare lezione. Io ed altri miei compagni allora rientrammo e ci sedemmo. La professoressa era immobile seduta alla cattedra e noi zitti, senza neanche una parola che ci usciva dalla bocca. Lei stava leggendo quando ad un certo punto ci disse di ripassare storia. Avevamo capito. Le leggi razziali. Ecco che cosa stava succedendo. Ne avevo sentito parlare. La scuola aveva cacciato tutti gli ebrei. Mi veniva da piangere. Non so il perché, ma sentivo il mio cuore battere all’impazzata e la mia anima piena di un immenso fiume  di pesanti lacrime. Sì, ho pianto. Ho pianto perché dopotutto quella era l’unica cosa che mi veniva da fare in quel momento. Sentivo un vuoto dentro e non mi rendevo conto che quel vuoto apparteneva ed era legato ai miei amici, quelli che erano rimasti fuori. Sentivo quella stanza vuota, come un bicchiere senza acqua, sentivo i respiri lunghi e nostalgici dei miei amici dentro l’aula. Mi sentivo sola perché tutto quello di cui avevo bisogno erano tutti, tutti i miei compagni di scuola. Li volevo lì con me, in quel preciso istante avrei solo voluto che fossimo tutti insieme, ma non era così e io avevo capito, avevo capito bene il perché, anche se non volevo ammetterlo per non far straripare quel fiume che era nella mia anima, che però avrebbe voluto solo uscire fuori. Ecco … questo è solo uno dei tanti istanti della mia adolescenza piena di ricordi, lacrime e piccoli sospiri di felicità. E ricordati che la diversità non esiste, puoi vederla nelle piccole cose di tutti i giorni, così di sfuggita, ma se guardi in fondo al cuore e all’anima di ognuno potrai vedere che la diversità non esiste e che nel mondo siamo tutti uguali, perfetti con i nostri difetti!

Camilla

Caro ragazzo,
sono un ebreo del 1938. Sono nato in Italia, sono italiano, ho una cittadinanza italiana ma sono ebreo, il mio unico torto; tutta la mia famiglia è ebrea.
Era un tranquillo lunedì , c’era il sole e stavo andando a scuola com’ero solito dal lunedì al venerdì. Però vicino al portone d’ingresso  della scuola c’erano due uomini in camicia nera, erano armati. Mi stavo avvicinando sempre più al portone, e intravidi delle mamme che si stavano agitando e che parlavano con quegli uomini.
Senza fare caso alle mamme che gridavano e ai vestiti in nero, stavo per entrare, quando uno dei due uomini, interrompendo la signora che urlava, disse:
-Sei ebreo?
- Si. Perché?
-Non puoi più frequentare la scuola pubblica o qualsiasi tipo di edificio pubblico-  
 -Perché?  
-Sono questi gli ordini del duce - spiegarono loro.
Poi passò la madre di un mio amico e Sebastian, suo figlio. A quel  punto,  davanti al portone della scuola si fermò, doveva andare a scuola. Lo stesso -Sei  ebreo?
-No- disse sua madre poi continuò –come fa a confonderlo con quella razza?- mentre Sebastian entrava.
-Perché lui si e io no?
Stavolta la risposta fu diretta, senza girarci intorno:- PERCHE’ SEI EBREO!!!
A quel punto ho cominciato a piangere, perché avevo capito che non contavo più niente. Equivalevo allo zero. Ero la spazzatura che anche un barbone avrebbe buttato.
Ti assicuro che non è una bella sensazione e vorrei che tu non la provassi mai. Immagina di essere discriminato per il tuo modo di essere, il tuo carattere. È una situazione che ti dà rancore e rimpiangerai il giorno in cui non ti sei ribellato contro queste leggi che fanno di un uomo polvere.
Rispetta sempre chi ti sta accanto e farà lo stesso con te.
Giorgio

Caro Giovanni,
sono preoccupato,oggi la maggior parte dei miei amici e compagni di studi sono rimasti fuori dalla scuola,sento ancora la voce della preside che li sbatte fuori perché sono ebrei. Sento ancora il loro respiro sulla mia pelle,mentre ci parlavamo fuori dalla scuola,vedo ancora i loro occhi e il loro viso sconvolto dalla brutta notizia. E' come un rullino di una fotocamera che scorre lentamente nella mia mente. Non riesco neanche a stare attento e a seguire le lezioni perché non riesco a pensare ad altro, per me è stato uno shock. E' passata solo un'ora dall'inizio delle lezioni, non sopporto più tutto questo stress, sto pensando a quello che possono provare adesso i miei amici, i miei compagni, sopportavamo tutto insieme, risolvevamo insieme tutti i problemi,ma ora non so come aiutarli, non so come fare a stargli vicino,voglio che sfoghino tutta la loro rabbia e dolore su di me!Però adesso che siamo divisi non ho potere, non posso fare nulla per loro, nulla!Vorrei tanto sapere come è cambiato il mondo, tu forse ora non puoi capire tutta la rabbia che ho dentro, perché sono arrabbiato?Non posso tollerare le bugie, prova a pensare alle ingiustizie, cioè al perché i miei compagni non possono frequentare le lezioni come tutti. Perché sono ebrei ?Ma non è una giustificazione per cacciarli, sono ragazzi come tutti e devono avere gli stessi diritti degli altri. Chissà adesso cosa stanno facendo,se si sentiranno soli e forse anche loro si stanno ponendo le stesse domande che mi sto facendo io. Spero che le lezioni finiscano presto,voglio andarmene da questo posto, perché ormai non si può definire più neanche scuola, voglio tornare dai miei amici.
Ancora un'ora alla fine, l'ansia aumenta, come la solitudine e il dolore nel cuore... E' finita la lezione,finalmente posso tornare dai miei compagni, non vedo l'ora di farmi raccontare quello che hanno fatto durante la mia assenza,voglio consolarli,voglio stargli vicino. Spero che nel futuro tutto questo non succeda ma se dovesse accadere, ricorda, resta sempre vicino ai tuoi amici .
Nicolò

Caro Gianluca,
ti scrivo questa lettera per raccontarti un po’ la mia vita che credo ti farebbe un po’ da lezione per come sei fatto sia tu che i tuoi amici, che definirei proprio dei vandali. Quando ti conoscevo non eri così, sei cambiato da un giorno all’altro; dal grande educato e bravo ragazzo al ragazzo ignorante e maleducato.
Adesso tu fumi, bevi, bestemmi, rispondi male, offendi le persone,vai in discoteca quasi tutti sabato e ti vorrei far notare che hai solamente quattordici  anni, non diciotto che puoi fare come ti pare.
Per cominciare,era una bellissima giornata di venerdì e come tutti i giorni entrammo a scuola. Alle prime due ore c’era musica, quella mattina eravamo tutti euforici, svegli e pronti per la grande interrogazione di storia per le ore successive.
Suonò la campanella e la nostra professoressa sempre sorridente entrò tutta seria e sembrava preoccupata, e noi essendo già agitati per l’interrogazione ci preoccupammo ancora di più.
All’improvviso cacciò tutti quanti, appese sulla porta un cartello con su scritto che alcuni alunni sarebbero dovuti uscire per non rientrare mai più a scuola. Gli alunni che avevano determinate caratteristiche.
Io non corrispondevo alla descrizione e così entrai insieme ad altri miei compagni in classe. La professoressa fece l’indifferente e ci disse di ripassare per l’ interrogazione, ma non ci spiegavamo il fatto del perché la metà della nostra classe dovesse stare fuori.
Ma subito capimmo; era nel 1938 ed erano appena state promulgate le Leggi Razziali le quali dicevano che i bambini ebrei non potevano andare più a scuola e nella mia classe la maggior parte erano ebrei,ma io non ci ho fatto mai caso a questo per me erano uguali a tutti, li trattavo allo stesso modo.
La mia compagna di banco era ebrea e il fatto che da quel giorno non poteva essere più la mia compagna di banco mi faceva agitare tanto; io e gli altri compagni non accettavamo il fatto di questa divisione e cominciammo a piangere. Avevo tanto il desiderio di andare ad aprire quella porta e di farli rientrare tutti, perché quella non era la mia classe,eravamo quattro gatti,nella mia vera classe eravamo diciassette e eravamo tutti quanti diversi,ma non di etnia o di razza come dicono le persone senza cuore,noi eravamo diversi di carattere,di sesso e di bellezza, eravamo persone diverse!
Quel venerdì in quella classe non mi sentivo più me stessa era come se avessi voluto diventare come loro, perché io rimanendo in classe era come se stessi dando ragione alle persone cattive che avevano cacciato i miei AMICI; allora preferivo schierarmi dalla parte delle persone escluse e “diverse”.
Vengo a raccontare queste cose proprio a te perché sei tu che disegni i segni nazisti sui muri dei giardinetti con l’uniposca,ti ho sentito dire che gli ebrei sono animali che devono solamente soffrire e devono essere maltrattati. Ma capisci quello che dici?
Ma prova a metterti nei loro panni, poi vediamo se cambi idea.
Io voglio solo che tu cambi idea perché vorrei per te un futuro migliore e bellissimo,ma credo che se continui ad andare dietro quella massa ti rovini solamente.

Un bacione, nonna Elena



Caro Filippo,
quando tu aprirai e leggerai questa lettera io sarò già morto. Volevo scrivere questa lettera per sfogarmi e per insegnarti qualcosa.
Nel 1938 ero un ragazzo e, come te, andavo a scuola. Ero e sono di religione ebraica.
Quel famoso giorno mentre andavo a scuola tutti mi fissavano come un extraterrestre. Anche le maestre mi guardavano come se fossi uno straniero. Quando suonò la campana entrammo tutti e andammo, io e i miei compagni, nella mia classe. Preparai i libri con le penne tutti continuavano a fissarmi, finché la maestra si alzò e si avvicinò a me. Io le dissi buongiorno ma lei niente. Mi guardò per pochi secondi e infine mi disse:
“Prendi le tue cose ed sci fuori dalla scuola”.
Io chiesi perché e che cosa avevo fatto, ma lei non mi rispose. Presi le mie cose e tornai a casa. Mentre tornavo a casa, come al solito tutti mi fissavano. Quando entrai a casa c'erano tutti. Io mi preoccupai perché né mamma né papà mi chiesero come mai non stessi a scuola. Dopo mezz'ora entrò mio fratello maggiore incavolato nero. Io provai a parlargli ma lui non mi calcolò neanche. Mamma, papà e mio fratello andarono in cucina e cominciarono a parlare, io mi misi dietro la porta a sentire ma non capivo niente. Quando uscirono chiesi spiegazioni a tutto questo, ma solo mio fratello mi prese e mi disse che noi eravamo ebrei, e non potevamo fare più niente, né andare a scuola, né al lavoro né in nessun altro posto. Appena sentii questa notizia ebbi un vuoto d'aria, un mancamento. Solo pensare all'idea di non rivedere i miei amici, con cui avevo l'infanzia. Non rivedere più le professoresse, cosa farò con la scuola, la matematica, la mia materia preferita. Avevo 10, ora cosa mi metterà la maestra. Sono triste, non voglio vivere così, solo perché sono ebreo perché non devo essere uguali agli altri. Non possono andare nemmeno al bar, parlare con il barista e con gli anziani che ogni giorno mi danno un consiglio. Perché tutto a me? Perché? Gli uomini sono tutti uguali, senza alcuna differenza. Io e tutti gli ebrei vivemmo un periodo straziante. Gli altri ci misero da parte? Cosa avrebbero fatto al nostro posto? Tu che cosa ne pensi? Ti sentirò dal cielo se è possibile.
Ti do un consiglio: vivi la vita al meglio e fuggi dalle cose brutte, rispetta gli altri e apprezzali per quello che sono.
Saluti
Riccardo


Cara Chiara,
stiamo nel 2014 ed è passato molto tempo da quando furono emanate le leggi razziali.
Ti scrivo questa lettera innanzitutto per spiegarti meglio cosa si provava, perché a volte sui libri di storia non ci sono scritte tutte le informazioni che ti servirebbero per capire meglio cosa fosse successo in quel maledetto periodo di terrore; vorrei scriverti questa lettera anche per sfogarmi un po’ in qualche modo. Sai, a volte ripenso a tutto quello che abbiamo passato, perché i ricordi sono in fila e non mi mollano, ad uno ad uno salgono e mi tormentano. Un giorno a scuola mi sentivo confusa, mi sentivo imprigionata, sola ed era molto strano perché non ero sola. Era una giornata strana: i miei compagni ebrei erano stati cacciati da scuola. Un fatto molto strano, non trovi? Nella mia classe regnava solo il dubbio di una paura incerta; regnava solo la perplessità e il dolore di tutti noi, perché ci sentivamo la metà del frutto. Sinceramente mi veniva voglia di piangere. Non capivo cosa stesse succedendo, non riuscivo a capire perché metà della mia classe era stata cacciata senza neanche una stupida, insignificante motivazione che avrebbe potuto fare la differenza. Quel mondo faceva troppo chiasso ed io non sentivo più quello che pensavo. Non riuscivo a stare tranquilla. La mia testa era piena di domande a cui, purtroppo, non riuscivo a dare risposte. Mi sentivo come una piccola formichina in un formicaio gigantesco, non avevo via di scampo. Dovevo solo stare muta e almeno provare a far finta che non stesse succedendo niente, ma non ci riuscivo! Era più forte di me, capisci? Dicono che alcune cose è meglio che le scordi, perché ti mangiano dentro e non te ne accorgi. Beh ... Forse dovrei dimenticare tutto quello che abbiamo passato, ma come faccio? Come faccio a dimenticare un pezzo della mia vita che è stata distrutta? Come faccio? Non riesco nemmeno a dire: a me non interessa più. Non ci riesco, perché io non dimentico nulla, non archivio nulla.  Mi è stata tolta un pezzo di vita. Quel maledetto 1938 resterà scolpito per sempre dentro me, anche se non lo vorrò, dovrò accettarlo e basta! Però devo dire che “quest’esperienza” mi ha fatto riflettere molto. Sono diventata più forte e più determinata. Posso solo dirti che affrontare sempre i giorni con la speranza, può farti stare meglio. Sono riuscita ad andare avanti grazie alla speranza di un mondo migliore e credo che dovresti farlo anche tu, dovresti farlo per il tuo futuro che ogni giorno ti segnerà il destino.
Lucia


24 febbraio 2014

I Promessi Sposi

IIIA Arcinazzo Romano
a.s.2013 - 14
letteratura




Riassunto del breve percorso sulla lettura di alcuni passi de I Promessi Sposi. 
Lettura dei capitoli I - IX ed esercizi di scrittura creativa: testo descrittivo, focalizzazione esterna, monologo interiore, attualizzazione dei contenuti, testi riflessivi.



quando avrò tutti i testi li raccoglieremo in un unico file

14 febbraio 2014

Il velo sugli occhi

Per Essere Domani
letteratura
IIIA Arcinazzo Romano
a.s.2013/14
LEZIONE RIVISITATA IL 6 FEBBRAIO 2024


"La donna non va definita in rapporto all'uomo. 
Su questa coscienza si fondano tanto la lotta quanto la nostra libertà."
Carla Lonzi






Un velo nero... una bianchissima benda... una fronte non d'inferiore bianchezza... un nero saio.



Continua la nostra lettura de I Promessi Sposi. Questa volta utilizzeremo il romanzo come punto di partenza per affrontare un discorso più ampio, complesso e purtroppo molto attuale: la condizione della donna nel mondo



Ero lì, rinchiusa in quelle quattro mura quando vidi il guardiano e quelle due donne, a cui avevo deciso di offrire la mia protezione, venire verso di me. La giovane era timida, appena mi vide diventò tutta rossa: forse trovò in me qualcosa di strano, non so.
La mamma invece era più coraggiosa e determinata: infatti quando chiesi spiegazioni alla ragazza, rispose lei al suo posto. Non fu di certo una novità per me perché so che i genitori hanno sempre una risposta da dare in nome dei loro figli. D’altronde ci sono passata anche io. Quando ero piccola  miei genitori mi regalavano bambole vestite da suore: quello era il mio destino.  In fin dei conti la mia vita già l’avevano programmata lasciandomi all’oscuro di tutto per tanti anni.
Immaginate voi che non potete decidere la vostra vita, la vostra vita. Immaginatevi come una marionetta che è comandata da una persona. In principio, ammetto che mi piaceva l’idea di diventare la madre badessa, la signora, in quel convento in cui vissi quasi tutta la mia infanzia ed in cui ancora oggi trascorro le mie lunghe noiose giornate. Tutti mi trattavano in modo diverso, come se fossi la superiora. Sebbene volessi far invidia alle altre mie compagne, un giorno i miei finti desideri cambiarono. Volevo sposarmi, come avrebbero voluto far loro. D’altro canto però alcune mie compagne mi convinsero a scrivere la supplica formale di accettazione in convento. Non potete capire come mi pentii. Non fate mai qualcosa se non siete sicuri.
Tuttavia decisi di scrivere una lettere a mio padre in cui finalmente gli rivelai tutti i miei desideri. Quando tornai a casa nessuno mi rivolgeva la parola, dalla mia famiglia ai servitori.Mi rinchiudevano sempre in camera, sola, con una guardiana che odiavo come il diavolo odia l’acqua santa. Ma in mezzo a tutto questo, trovai un giovane che non era come gli altri, ma  mentre gli stavo scrivendo una lettera, mio padre mi scoprì e lo cacciò.
Dunque chiesi perdono a mio padre. Se ci pensate, solo questo avrei potuto fare. Che mi rimaneva? Purtroppo la mia vita mi ha riservato questo, ma se solo potessi mi vendicherei di tutto, in primo luogo di mio padre. Mi hanno privato dell’unica cosa di cui avevo bisogno e hanno preso i miei progetti come stupide illusioni.
Di questo ne sono certa, prima della mia morte farò passare a qualcuno quello che ho passato io.Io non dimentico!
         Elisa Pizzelli 




Inizieremo col leggere il capitolo IX, in gran parte dedicato alla monaca di Monza, Gertrude; leitmotiv della prima lezione sarà il velo. Sappiamo che prendere il velo significa monacarsi, raccontando la storia di Gertrude, al secolo Virginia, scopriremo come la scelta di vita di questa donna non fu affatto una scelta volontaria; il velo sarà poi quello delle spose bambine, il velo di matrimonio delle donne costrette a sposare uomini che non conoscono scelti per loro, il velo delle donne islamiche e infine un triste velo: il velo sugli occhi di chi non vuol vedere o fa finta di non vedere la violenza sulle donne, che siano bambine o donne, che sia violenza fisica o morale, che sia limitazione della libertà di scelta come di azione, pensiero.

Le diverse interpretazioni di IL VELO SUGLI OCCHI.

6 febbraio 2024
Quando feci questa lezione la postai su twitter, su un canale di letteratura dove si stava lavorando in modo creativo su I promessi sposi, il documento che ne venne fuori, dopo le mie sollecitazioni è il seguente.

#twsposi-velo



Il velo sugli occhi (la presentazione non è più visibile)









   selezionati dal web 



















“Potevo evitare di rispettare i rigidi canoni dell'abbigliamento delle donne afgane e mi era concesso andare ovunque io volessi. Nondimeno ho spesso indossato il burka, più che altro per essere lasciata in pace: una donna occidentale per le strade di Kabul attira un'attenzione davvero indesiderata. Da dietro il burka potevo finalmente fissare senza essere fissata di rimando, potevo osservare gli altri membri della famiglia quando uscivamo senza che tutta l'attenzione si focalizzasse su di me. L'anonimato divenne la mia salvezza, il mio unico rifugio, perché a Kabul sono ben pochi i posti nei quali si può stare da soli.

Ho indossato il burka anche per comprendere meglio cosa vuol dire essere una donna afgana. Cosa vuol dire doversi accalcare nelle ultime tre file sovraffollate riservate alle donne quando l'autobus è mezzo vuoto. Cosa vuol dire doversi raggomitolare nel bagagliaio di un taxi perché c'è un uomo sul sedile posteriore. Cosa vuol dire sentirsi gli sguardi addosso per essere un burka alto e attraente e ricevere il tuo primo complimento da burka da parte di un uomo per la strada.

E poi ho capito cosa vuol dire odiare il burka. Ho sperimentato come ti stringe tutto intorno al capo procurandoti un gran mal di testa, come si vede male attraverso il reticolo di fili. Com'è chiuso, quanta poca aria lascia passare, quanto rapidamente si inizia a sudare, come si deve stare sempre attente a dove si cammina perché non riesci a vederti i piedi, quanto in fretta si insudicia strisciando per terra, quanto sia di impedimento. Che grande liberazione sia toglierselo di dosso una volta arrivata a casa.

Ho indossato il burka anche per motivi di sicurezza. Quando ho percorso con Sultan la pericolosa strada per Jalalabad. Quando ci siamo trovati costretti a pernottare in una sudicia stazione di confine. Quando siamo usciti di sera tardi. Solitamente le donne afgane non viaggiano con una mazzetta di banconote da cento dollari e un computer, perciò le donne col burka vengono lasciate in pace dai briganti delle campagne.”


Passi di: Asne Seierstad. “Il libraio di Kabul”. Apple Books. 




“Quando i talebani invasero Kabul, nel settembre del 1996, sedici decreti furono trasmessi via etere da Radio Sharia. Una nuova epoca era iniziata.

 

Divieto del nudo femminile

È proibito ai tassisti far salire sulla propria autovettura donne che non indossano il burka. Nel caso in cui lo facciano, verranno incarcerati. Nel caso in cui donne senza burka vengano viste per la strada, si andrà a casa loro e si puniranno i loro mariti. Nel caso in cui le donne indossino abiti provocanti o che attirano l'attenzione e non siano accompagnate da parenti stretti di sesso maschile, i tassisti non potranno farle salire sulla propria autovettura.”


Passi di: Asne Seierstad. “Il libraio di Kabul”. Apple Books. 


Viaggio a Kandahar - Nafas parla della condizione delle donne afgane

Indossare il velo





https://ilmusulmano.it/perche-donne-musulmane-indossano-hijab




Attività 6 febbraio 2024


Dovrete immaginare di indossare il velo, anzi di essere obbligati a indossare il velo. Pensate a un momento della vostra vita, indossate il velo (avete il tutorial, ma potete cercarne altri per altri tipi di velo), e poi scrivere un monologo interiore (ricordate la monaca di Monza?)


esempio




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POESIE DI DONNE PER LE DONNE












tematiche e immagini che sono venute fuori dalla lettura dei testi

violenza, grido, catene/gabbia, dolore, libertà, dignità, possesso, appartenenza, parola, sogno, vittima, padrone, solitudine, debolezza, poesia come consolazione, canto d'amore, rabbia, maschera, forza/roccia/ribellione, libera dentro, determinazione, disperazione, amarezza, delusione, speranza, fede, schiavitù d'amore, schiavi di noi stessi, paura, schiaffo, tristezza, angoscia, riscatto, voglia di sorridere, apparente libertà, coraggio


Inserisco i link ai brani musicali che avete ascoltato e continuerete ad ascoltare ed analizzare con la professoressa Laura Ciani

ma prima prof ... da brava sorcina vorrei inserire una canzone io

Libera - Renato Zero




 Quello che le donne non dicono
Sally
La bambola
Gli uomini non cambiano
Malafemmena
Anche per te
Margherita
Bocca di rosa
La storia di Marinella
La donna cannone
Donne
Mi ritorni in mente
Insieme a te non ci sto più
Canzone per un'amica




6 febbraio 2014

Addio, monti sorgenti dall'acque

IIIA Arcinazzo Romano
a.s. 2013/14

Questa volta abbiamo lasciato parlare il testo.
Non tirava un alito di vento; il lago giaceva liscio e piano, e sarebbe parso immobile, se non fosse stato il tremolare e l'ondeggiar leggiero della luna, che vi si specchiava da mezzo il cielo. S'udiva soltanto il fiotto morto e lento frangersi sulle ghiaie del lido, il gorgoglìo più lontano dell'acqua rotta tra le pile del ponte, e il tonfo misurato di que' due remi, che tagliavano la superficie azzurra del lago, uscivano a un colpo grondanti, e si rituffavano...



Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio!


Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti.

Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno!

Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell'Adda.






Dopo una molteplice lettura e spiegazione del testo abbiamo svolto le seguenti attività:

1. riscrittura del monologo interiore di Lucia

2. testo:
Sei costretto ad abbandonare il tuo paese, sei un emigrato. Scrivi un addio simile a quello scritto da Manzoni; nel testo dovrà emergere il tuo stato d'animo, i motivi che ti costringono a partire e ovviamente a chi e cosa dici addio.
Il testo dovrà essere poetico e commovente "come" quello di Manzoni. Puoi scegliere di essere un emigrante italiano o no, puoi scegliere qualunque periodo storico avvalendoti quindi degli argomenti di attualità affrontati a lezione o del libro di storia (mi raccomando notizie e riferimenti precisi).
Il testo dovrà essere almeno di 60 righe.




Addio stanza mia, che sei cresciuta con me, hai sopportato le mie lacrime ed i miei sorrisi; addio uccellini, che mi svegliavate ogni mattina con il vostro cinguettio; addio, mia adorata chiesa, che mi hai sempre aiutata nei miei momenti più duri; addio anche a te, venticello, che con la tua freschezza mi abbracciavi ogni giorno; addio voglio dirlo anche a te, frate, che non hai svolto il tuo compito: io ti capisco. Addio cielo azzurro, che mi hai sempre protetta e tenuta al sicuro. Grazie.
Vi saluto tutti svogliatamente, ma devo farlo; forse lì, chissà, troverò la mia vera felicità, troverò un posto che mi terrà al sicuro da tutto questo male che ci sovrasta, che sovrasta il mondo.
Io ve lo prometto, un giorno tornerò a trovarvi prima della mia morte. Chissà se verrò sola o con la mia famiglia. Anche il mio cuore non vuole andare via, batte talmente tanto forte come se volesse dirmi “Fermati, restiamo qui”. Lo stesso fanno i miei occhi, vogliono vedervi ancora.
La vita è questa, l’accetto. Ma per concludere voglio dire addio a te, uomo, che hai rovinato la mia umile esistenza, hai mandato all’aria tutti i miei progetti. No, io non ti odio, ma qualcuno prima o poi te la farà pagare!
Elisa


Mentre la barca si avvicina alla riva destra dell’Adda, penso tra me e me quanto mi mancherà il mio adorato paese, la mia casa…
Mi mancherete monti illuminati di mattina dal bagliore del sole; mi mancherete torrenti rumorosi ed anche voi mi mancherete ville sparse qua e là.
Quanto sono triste.. Bè, penso sia normale, perché io sono cresciuta qui in mezzo a tutta quest’emozione, a questo stupore ed è una cosa inconcepibile andare lontano per via del solito mascalzone di Don Rodrigo, però non posso farci nulla. Devo solo andare via e accettare la realtà.
Mi mancherai casa natia, in cui avrei voluto proseguire la mia vita, seguendo il mio futuro e i miei sogni che ho desiderato e immaginato sin da bambina; mi mancherai casa ancora sconosciuta, nella quale la mente immaginava un soggiorno tranquillo e amoroso; mi mancherai Chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno e tranquillo nonostante tutte le disgrazie, perché Dio c’è sempre stato per me, mi ha sempre protetta anche se a volte ne dubitavo.
Dico addio a tutto ciò per cui ho sempre combattuto fino ad oggi. Dico addio all’unica mia ragione di vita: il mio adorato paese che ahimè devo lasciare con molta angoscia e con poca speranza di una vita migliore.
Addio paese tanto amato. Mi mancherai tantissimo! Ti porterò per sempre nel cuore, giuro.
Ti prometto che ritornerò. Sì, proprio così. Ti assicuro che in qualche modo ritornerò, troverò una soluzione. Ma per ora questa è l’unica cosa che devo fare. Addio.   

Lucia 

Addio miei cari monti, per me lasciarvi è un dolore al cuore, ma ne sono costretta, come farò?Non conosco nessuno che mi aiuti in questo cammino, io sono nata tra le vostre braccia e invece ora vi devo lasciare. Non pensavo di lasciarvi così, anzi non ci avevo mai pensato, credevo che sarei rimasta al sicuro sulle vostre grosse spalle, invece adesso ... mi sento sola, isolata e molto triste, come vivrò senza la vostra bellezza che vedevo ogni giorno? Sono molto affezionata a voi ma ora che vi lascio, sembrate ancora più belle e più speciali, capisci le cose migliori e indispensabili nella tua vita quando le perdi. Ancora non vi lascio e già vorrei sbarcare sui vostri piedi freddi, gelati dal refrigerio dell'acqua. Lascio voi, il mio unico rifugio e voi l'unico luogo sicuro dove mi sono sempre trovata bene e al sicuro, invece ora mi imbarco verso luoghi sconosciuti dove sarò in continuo pericolo. Saluto la mia futura casa dove sarei vissuta con il mio amato per l'eternità e la mia amata chiesa dove si sarebbe dovuto celebrare il mio matrimonio, addio!
Nicolò


Perché, perché che cosa ho fatto per meritarmi questo? Ero solo una ragazza innamorata che voleva unirsi in matrimonio con il suo amato. Si merita questo se si crede nell'amore di Dio Padre Onnipotente?... Ed ecco che mi ritrovo ad abbandonare il mio paese natale, dove son cresciuta, dove ho amici, parenti, persone che mi vogliono bene, che mi conoscono e ad abbandonare soprattutto la mia casa.
Beh, se veramente esiste Dio io non sono qui, è solo un brutto sogno o forse è realtà perché come sempre dietro a tutto c'è un uomo che mi corteggia, ma io non accetterò mai il destino del nostro matrimonio, Renzo mio, nessuno potrà impedirci di stare insieme eternamente.
E ancora ripenso a quel che ho passato in quel bel paese di montagna. Mi ricordo la prima volta che ti vidi: mio Renzo sei tutto per me;non puoi scomparire così dalla mia vita! E io non posso scomparire da lui e dal mio e suo bel paese:con quelle montagne, con delle belle pianure, con quei ragazzini che giocano in quel bel prato ogni ora.
Perché questo succede sempre ai buoni e i cattivi giocano nella loro tana senza alcun disturbo? Non sarà l'ultima volta che lo vedrò questo paese. Lotterò per tornarci.

Addio!!!
Giorgio

Addio ai monti Questa sera la luna illumina il lago che è cosi tranquillo , l'aria è calma e c'è un’ atmosfera dolce. Tutto questo è così diverso da come mi sento. Sono sconvolta. Nessuno di noi parla , ognuno è assorto nei propri pensieri. Ecco i monti, i villaggi, le case!Il palazzotto di Don Rodrigo si vede benissimo, sembra un mostro in mezzo a una compagnia silenziosa. Ho i brividi solo a guardarlo! Riesco a vedere il mio caro paesello, qui ho vissuto tutta la mia vita, gioie e dolori. Oh! La mia casetta, si riesce a intravedere la finestra della mia camera, sto fuggendo da tutto questo ,non posso credere che lo sto facendo. Forse la mia vita poteva andare diversamente chissà! Piango perché lascio una parte di me, la mia gioventù vissuta qui e tutto quello che ho passato. Ora cosa mi aspetta non so ,come sarà la mia vita d'ora in poi!? Avrò un po’ di pace, riuscirò a godermi la vita con la persona che amo!?...spero di si!!

Nico


Io  dico addio a tutti quanti voi, amici miei, perché mi siete sempre stati vicino nel momento del bisogno. E a voi monti, fiumi, case, alberi e non di tutti quanti i luoghi della mia città.
Certo è veramente cattiva questa cosa che ha fatto Don Rodrigo nei miei confronti e in quelli di Renzo. Mi ha praticamente perseguitata per tutto il paese senza mai capire che io non lo accettavo; eppure, testa dura com'è non lo ha voluto capire!
Perfino quando mi sono innamorata di Renzo lui non ha mai smesso un solo attimo.
Facendo così in modo da non lasciarmi vivere la mia vita.
Neanche un futuro matrimonio lo ha fermato, anzi, quella serpe è riuscita addirittura a fare in modo di annullarlo corrompendo quel prete fifone di Don Abbondio.
Io e Renzo le abbiamo provate tutte; ma niente da fare... Don Rodrigo è troppo testardo, se lui si mette in testa di fare una cosa, quella cosa si deve fare sempre e comunque.
Alla fine quindi io e Renzo eravamo talmente stanchi di quell' uomo che siamo stati costretti a scappare dalla nostra città, che non rivedremo mai più e tutto per colpa sua.

Emanuele


Eccomi qui, vado via lasciando il mio bel paese, come farò? Chi mi aiuterà?
-Sarò sola in quella città,ma porterò sempre con me il vostro ricordo, miei cari monti.
-Ma dai Lucia, non sarai sola, troverai conforto in tua madre e nelle suore!
-Ma no, no non voglio lasciare la mia amata terra, le mie montagne, voglio rimanere a casa.
-Fatti forza Lucia, vedrai che tornerai più forte e gioiosa di prima, prendi esempio da chi parte per trovare un futuro migliore.
-No, no rimango perché voglio comprare quella casa tanto desiderata per viverci con Renzo!
-Ma dai Lucia vedrai che il signore ti sarà vicino nel cammino, Lui non tradisce mai i suoi figli.
Forza … coraggio … addio monti cari.

Giulia


Non ci posso credere! Ormai sono una donna senza speranze, la mia vita è completamente buia, priva di luci. Credevo di poter vivere in piena felicità con il mio amato Renzo, ma questo non è possibile, per ora o forse anche per sempre non potrò crearmi una mia famiglia. Lasciare il mio amato paese, tutti i miei conoscenti le mie abitudini … beh sarà una schifezza! Con questo carattere freddo, timido non ho il coraggio di fare un bel niente. Non so nemmeno difendermi. Mi faccio del male da sola, se non avessi questo caratteraccio di sicuro oggi starei nella mia casa, con la mia famiglia e con il mio amato. Quanta malinconia che c’era su quella maledetta barca, sono riuscita a vedere il palazzotto di Don Rodrigo, la mia piccola casuccia, c’era un silenzio davvero triste! Si capiva che dentro di me c’era solo il vuoto …

Caterina


Che tristezza, mi vien da piangere ma non posso farlo, cosa penserebbe Renzo? Cosa penserebbe la mia cara madre? Di sicuro si preoccuperebbero ed io non voglio farli stare male come sto io, loro già hanno sofferto abbastanza!
Non posso credere che me ne sto andando, non posso credere che c’è il rischio che non rivedrò più questo splendido paese, non posso credere a tutte le cose che mi stanno succedendo in questi ultimi giorni. Sono sempre più confusa e la mia vita da quando mi sono fidanzata con Renzo sta cambiando. Io sono sicura di amarlo? Oddio, ma che dico? Sto delirando, non posso sentirmi, come faccio a farmi venire dei dubbi su questo?  È ovvio che io amo Renzo, lui è la persona più buona e dolce che abbia mai incontrato e insieme possiamo superare qualsiasi difficoltà, perché non c’è niente di più forte del nostro amore!
Gabriele





E chi l’avrebbe mai detto che mi sarei ritrovato così? Ed io che speravo in quest’epoca bella. La fame, il lavoro che non c’è più. Ed io i miei figli come li cresco? Non li ho messi al mondo per farli morire di fame, devono crescere sani come me, devo dare loro quello che i miei genitori hanno dato a me. Ma questo non posso farlo qui, qui non posso fare niente o meglio, non c’è possibilità di far nulla. Partirò, scalerò le montagne, attraverserò fiumi, mari in tempesta, ma devo farli mangiare.
Quando sarò lì e troverò lavoro in quella terra lontana, gli invierò dei soldi affinché possano vivere dignitosamente. Ormai questo Paese è diventato un cane randagio, solo, abbandonato, dove è difficile arrivare a domani, trovare un pezzo di pane.
E così, con questo cuore che urla e piange dico addio a voi figli miei, che non state crescendo come invece dovreste: io no, non vi sto abbandonando, sto andando in un posto migliore di questo per voi e papà vi promette che un giorno tornerà qui, in questo atomo opaco del Male e vi porterà con lui.
Addio moglie mia. Scusa se ti sto lasciando sola con nostri figli, ma cosa devo fare? Devo restare qui ed aspettare ancora con la speranza che, un giorno, la situazione migliori? No, io non ce la faccio più, non possiamo restare fermi come mummie mentre sotto i nostri occhi i nostri figli si disintegrano. Scusami ancora, ma posso e devo fare solo così. Fuggire è l’unica speranza che mi rimane.
Addio campi miei, anche voi state morendo pian piano: sto andando via anche per voi, per farvi rinascere.
Addio casa natia, che mi hai ospitato fino ad ora: lascio a te il compito di proteggere da tutti questi problemi la mia famiglia, affinché non soffra la fame.
A voi, vertici di questa piramide maledetta che non siete riusciti a farci uscire da questa situazione, che ve ne state fregando e per voi, per voi, noi uomini dobbiamo lasciare le nostre famiglie sole, addio!
Ed infine voglio salutare te, mia Patria che abbiamo sempre difeso, anche se non sei stata in grado di darci quello che a noi serviva: ma non è colpa tua, è colpa di chi ti ha tra le mani. Ti difenderò anche da laggiù perché tu fai parte di me.
È arrivata l’ora di partire, anche il cielo piange, ma dobbiamo andare, devo andare. Un giorno ci ritroveremo perché come Dio ci ha messo qui, un giorno ci farà ritrovare.
Elisa

Ponza, 1898
E’ scoppiata una rivolta a causa dell’aumento del pane e della farina che si terrà a Milano, solo perché il governo di oggi non è in grado, è incapace di rimediare alla crisi economica. Fra qualche ora, io ed il mio esercito, guidato dal nostro generale agli ordini del governo, prenderemo a cannonate la folla. La questione però non mi garba: sicuramente provocheremo una strage, uccideremo molti uomini e di conseguenza distruggeremo il maggior numero di famiglie innocenti ed infine noi cosa ci ricaviamo? Quale sarà la nostra soddisfazione? Nessuna. Si, proprio così. Nessuna soddisfazione. Come al solito d'altronde…
Il fatto che mi fa veramente rabbia, la cosa che mi brucia tanto è dover lasciare la mia dimora, la mia amata casa in cui sono cresciuto ed il motivo per cui ho sempre combattuto fin ad ora.
Addio nido famigliare, che mi hai sempre accolto con le braccia spalancate, che mi hai sempre difeso e sostenuto nonostante la mia posizione; addio nido in cui sono cresciuto in tutto questo tempo, in tutti questi anni; addio montagne luminose grazie al bagliore del sole, che le accoglieva come una madre accoglie il proprio figlio nelle sue calorose braccia; addio scuole in cui ho trascorso i migliori anni della mia vita, in cui ho trascorso la mia difficoltosa infanzia nel miglior modo, per un minimo d’istruzione e di educazione; addio luoghi solo miei, accoglienti e amici. È incredibile. Ancora non realizzo che sto per lasciare il mio paese, la mia Ponza, la mia unica ragione di vita, la mia storia, l’unica cosa che mi appartiene e so che sarà per sempre mia anche se sarò molto lontano.
Sono troppo nervoso e a dir la verità è la prima volta in tutta la mia vita.
Non voglio farlo però purtroppo devo farlo. Mi mancherai nido mio… Mi mancherai! Spero che ti rivedrò presto, ma ne dubito.
 
Lucia


Addio mio bel paese, che mi hai visto crescere giorno per giorno e hai ascoltato le mie gioie e le mie sofferenze. Addio mia cara madre,che mi hai sostenuto per tutto questo tempo e mi hai curato soprattutto quando stavo male. Addio mia cara sorellina, per me è un dolore lasciarti, prenditi cura di nostra madre  come abbiamo fatto fino ad ora, un giorno tornerò e anche se ogni giorno litigavamo, spero che ti ricorderai di me. Addio miei cari amici ,con cui ho giocato per più di quattordici anni, mi avete sostenuto nella cattiva e nella buona sorte. Addio alla mia giovinezza, che io lascio tra le tue braccia, perché so che dopo essere arrivato, diventerò grande. Lascio qui la mia felicità ,che ho provato quando giocavo insieme ai miei amici e il dolore che provavo quando sbattevo la testa  e quando mi facevo male. Non vorrei partire, ma purtroppo sono costretto ,il lavoro qui manca e me ne devo andare in un posto lontano per cercare nuove opportunità e una nuova speranza per il mio futuro. Anche se me ne vado, qui lascio il mio cuore, ma non nell'aria, dove dopo qualche minuto se ne andrà, ma nei cuori di tutti coloro che mi hanno voluto bene e mi hanno rispettato per quello che sono e non per quello che loro vorrebbero che io fossi. Grazie!
Nicolò


Addio mia Bosnia! Mia casa! Mio rifugio! Sono in una barca con altre persone con la mia stessa storia, storia crudele e ingiusta che se la prende con i più deboli. Lascio la Bosnia per motivi crudeli e indescrivibili: per paura, paura di chiudere gli occhi per sempre a causa di un soldato senza cuore o sentimenti.
Per me la Bosnia era tutto, tutta la mia vita; mi sento impotente così tanto perché non sono riuscito a rimanere lì né io, né la mia famiglia, forse ci chiamerete codardi ma non siamo riusciti a rimanere. Come vivresti tu se ti venisse tolta la tua casa e la tua vita, in un Paese che fa di tutto pur di offenderti o cacciarti? Non ho bisogno di una risposta perché questa è la mia vita!
Spero di trovare lavoro, casa; e di vivere con tranquillità con la mia e cara, unica cosa che mi è rimasta della Bosnia: la mia famiglia.
Chissà come verremo accolti in Italia …
Quando ero in Bosnia ero sempre sorridente e felice anche se non sapevo se il giorno dopo avrei riaperto gli occhi. Adesso che sono in viaggio per questo futuro ignoto che mi libera dalla guerra, invece di essere felice sono triste, malinconico e addolorato perché ho lasciato lì la mia vita senza averne preso qualcosa.
Mi ricordo le estati a cantare con i miei amici, i nostri cantanti preferiti in Piazza e a giocare ad acchiappa fulmine; ricordo che facevo sempre arrabbiare mamma perché ogni volta che giocavo a calcio mi strappavo i pantaloni che erano già stati ricuciti… ricordo il mio quartiere in cui mi conoscevano tutti e la mia bella e solitaria casa arroccata sulla montagna, il mio gatto che appena riconosceva il mio fischio veniva a mangiare, a giocare e a rincorrermi sul verde del mio cortile davanti casa, ricordo il campetto in cui ho segnato il più bel gol della mia vita, almeno  fino ad ora.
Ricordo il mio libro sognato, le sue prime pagine sulla scrivania della mia camera ormai piena solo di ricordi, intoccabili e troppo vecchi per tornare indietro con la mente.
Ricordo il poster del giovane Pjanic con le orecchie agli angoli, appiccicato al muro mentre tira un rigore, e ricordo quando per imitarlo prendevo la sua stessa posizione e lo imitavo.
Ricordo i due miei palloni nel garage, bucati da due colpi di mitragliatrice, la stessa che uccise mio padre.
Più ci allontaniamo dalla Bosnia più i ricordi si fanno sempre più vaghi e più ci avviciniamo all’ Italia più sento la speranza di un futuro migliore. 

Giorgio

E mi ritrovo qui … seduta ai  bordi di questa piccola barca sporca e rovinata dal mare in tempesta  che, con angoscia e dolore, penso a tutto quello di più bello che mi sto lasciando alle spalle.  Mi lascio alle spalle il mio piccolo paese dove sono nata, dove ho passato tutta la mia infanzia e dove ho passato dei momenti stupendi, anche se delle volte anche dei momenti bruttissimi che però vale la pena ricordare. Perché in fondo i ricordi sono questo: i ricordi sono tutta una vita, sono l’unica cosa che rimane per sempre  e non se ne va mai, sono nell’anima e penso che sia proprio per questo che bisogna lasciarli vivi nella mente, ma soprattutto nel cuore. Mi lascio alle spalle la mia casa, la mia bella casa dove sono cresciuta e sono diventata  questa grande donna senza neanche accorgermene. Lascio una grandissima parte del mio cuore che non se ne vorrebbe andare, vorrebbe restare qui, restare nel suo piccolo paese che per lei è già qualcosa di grande, vorrebbe restare qui e sentirsi libera ugualmente …  Ma purtroppo questa enorme parte del mio cuore è costretta ad andare via insieme all’altra e lasciare tutto quello che aveva di più bello. È costretta a farlo perché purtroppo la sua Patria non può offrirgli il futuro che lei vuole e desidera. “Costretta” è questa la parola giusta, costretta, costretta, non faccio altro che sentire questa orribile parola rimbombarmi nella testa. Ancora non riesco a credere che sto lasciando tutto quanto solo per colpa della società ingiusta che regna nel mio Paese. Ma forse d’altronde è giusto così, mi convinco che è giusto così, ma forse  lo dico solo per me stessa e per cercare di evitare il dolore che mi sta sovrastando. La società non è in grado di andare avanti ed  è soprattutto per questo che me ne vado.. me ne vado perché nel mio paese purtroppo sono sicura che non potrò avere un buon futuro soprattutto perché non c’è lavoro e si sa che senza lavoro non ci può essere futuro. Mi fa male anche solo pronunciarle queste parole … Ma purtroppo so che questa è la realtà e devo accettarla cosi com’è. Lascio tutto e tutti: la mia camera, dove ho incontrato la mia anima e ho parlato con il mio amato specchio che ha saputo darmi consigli e allo stesso tempo grandi frustrazioni, lascio la piazza più bella del mio paese dove ho giocato, scherzato e condiviso le più belle emozioni della mia adolescenza, lascio gli alberi, i fiori e tutte le bellissime piante che erano come dei compagni di viaggio nelle mie lunghe passeggiate nei pomeriggi di primavera, lascio il sole caldo della mia terra che mi illuminava nelle giornate d’estate e lascio anche la luna che mi faceva compagnia nelle notti buie. E infine lascio tutti i miei amici e compagni del paese che mi hanno saputo conoscere, comprendere e aiutare nei momenti più difficili e tristi … E li ringrazio per tutto quello che hanno fatto per me, li porterò per sempre nel mio cuore, anzi no nella mia anima, perché un giorno il cuore non batterà più, ma l’anima resterà in eterno, nel grande spazio infinito e loro mi accompagneranno in questo nuovo viaggio. Concludo con la grande e forte speranza che vada tutto per il meglio e che un giorno finalmente possa tornare ad essere felice e libera nel posto in cui ho sempre sognato di stare, di rimanere: casa mia!
Camilla

Credo che sia giunta l’ora, si sta facendo giorno e devo proprio andare; mi sono svegliata un’ora prima, proprio per passare più tempo nella mia casuccia, ma sembra che quest’ora sia proprio volata via come farò io tra non molto.
Eh, sì stavolta mio padre ha deciso e non cambierà di certo la sua decisione, non è come le altre volte che diceva di andare via, invece non ce ne andavamo mai, questa volta è quella e basta!
Abito in un piccolo paese della Cina e questa è proprio la mia disgrazia, perché in Cina ci sono dure tradizioni e mentalità: le bambine femmine non sono ben accolte e quindi devono essere uccise o nascoste; e mia madre due giorni fa ha partorito proprio una femminuccia e mio padre non vuole perdere anche questa figlia visto che ne ha perse già tre. Quindi vuole partire e andare in Italia.
Ma io NON VOGLIO! No, non voglio! Solo a pensarci mi vien da piangere,da urlare e da gridare a tutto il mondo che questo è il mio Paese. Il Paese che mi ha visto nascere,crescere e voglio che sia il mio Paese  che mi deve vedere morire; morire felice,contenta e magari fiera di essere vissuta qui, in un posto che per me è come un castello, che mi far star bene e in cui mi sento protetta.
Però NON POSSO restare! E per la prima volta, anche se non voglio dirlo,devo salutare il mio Paese, ma non voglio farlo con un addio, lo faccio con un semplice Ciao, perché il mio cuore mi dice che un giorno quando sarò più grande tornerò. Te lo prometto dolce Paese,anzi te lo giuro!
Non sono mai stata così triste in vita mia,desidererei morire proprio ora,così realizzo il mio sogno quello di morire nella mia amata Terra.
Prima di partire però vorrei salutare ciò che per me è caro.
Ciao fiume,che ogni mattina alle cinque con il tuo lieto rumore mi svegliavi,mi facevi alzare dal letto e mi portavi alla finestra, dove che mi bastava affacciarmi per vederti  ti vedevo e mi sentivo una sirenetta solo a guardarti.
Ciao montagne,alte,belle e verdi che circondate il mio Paese e che per me eravate come la fortezza di un castello,anzi del mio castello.
Un grandissimo ciao ai miei amici,che vedevo ogni giorno,ogni ora,ogni minuto e che adesso non vedrò più;voi che rendevate la mia vita una piccola e infinita favola,voi che anche nei miei momenti più brutti eravate sempre vicino a me;voi che mi facevate andare il cuore a diecimila battiti al secondo. Noi,sette amici per la pelle,sette come i colori dell’arcobaleno,ognuno di noi un colore.
Ah,mi stavo dimenticando,ciao arcobaleno che dopo dieci minuti di pioggia uscivi,sorridevi a me e ai miei amici e poi scomparivi anche se non ti andava,perché volevi rimanere a giocare con noi.
Ciao anche a te mio amato,mio principe bello,dove io mi specchiavo e dove cercavo il riflesso di noi due mano per la mano.
Tu ed io che eravamo il lieto fine della mia favola.
Tanti i nostri sorrisi,troppe le nostre risate e pochi i nostri silenzi lunghi dove sentivamo solo i rumori dei nostri cuori.
Ed infine ciao uomini che avete imposto quella strana tradizione,voi che siete solo gli antagonisti della mia favola, l’avete solo rovinata,era perfetta.
Compassione non mi fate,proprio per niente,anzi vi odio,vi odio con tutto il mio cuore che adesso per colpa vostra è distrutto.
Penso di aver salutato tutti ,adesso credo che è ora di partire e di cominciare una nuova favola in un altro paese,anche se non sarà mai bella come questa.
Elena

Addio ai monti … del mio pese.. Ricorderò le sere d’estate,quando l’aria era ventilata e dava quel leggero benessere,l’autunno poi ti rivestiva di mille colori ,e il bosco era incantato da tante castagne . La neve d’inverno ci rendeva felici a giocare con gli amici. A primavera poi con l’arrivo degli uccelli vedevamo dei disegni in aria come se fossero fatti coi pastelli. Ricorderò gli amici di sempre, le grandi avventure vissute insieme e le discussioni animate .Porterò con me i consigli dei grandi e li metterò dentro la valigia dei ricordi .Mi mancherà il profumo della mia casa ,il camino acceso e quando mamma ci chiamava per il pranzo. Questa sera l’aria è calma come se lo sapesse, mi sta aiutando a creare l’atmosfera giusta per un saluto. Vedo il campanile, dietro di me le case mi salutano e io loro. Percorro la strada per l’ultima volta, i ricordi mi affiorano alla mente, passano in fretta. I monti che mi salutano dal mattino dalla finestra non li rivedrò e ora sono lì bellissimi armoniosi e potenti. La valle è illuminata dalla luna piena, e le stelle più luminose che mai mi guardano nella mia nuova vita. Quest’ albero davanti a me sembra che voglia abbracciarmi ,ho l’impressione che stia con le braccia aperte e che mi voglia salutare. Il mio paese si sta nascondendo dietro al monte, vedo sempre meno le luci che lo illuminano, molte case sono scomparse dalla mia vista e … veramente sto andando via! non ti rivedrò …. Addio paese mio amato ti ho vissuto intensamente e intensamente ti ricorderò … ADDIO!
Nico

Addio casa sopra la roccia; dove ho passato l’infanzia,con la mia famiglia al calduccio; addio piazza, nel quale giocavo da bambino con i miei amici a pallone; addio vicolo, che mi hai protetto sempre , tra le tue mura, i miei vicini, tanti ricordi, felici e tristi. Addio edicola, che ogni volta che venivo da te tu non avevi mai niente, ma poi me lo riuscivi a procurare, e ci facevamo due belle risate insieme. Addio arco, che mi hai sempre protetto dalla pioggia quando non avevo un ombrello, e dal sole quando faceva troppo caldo. Addio mio caro bar con te abbiamo passato i pomeriggi tristi con la pioggia, divertendoci a giocare a carte mentre mangiavamo un bel pezzo di pizza con gli amici e che ci hai fatto sempre vedere le partite. Addio discesa che sei stata testimone di tutte le volte che ci incontravamo per andare a scuola. Addio scuola, che ci hai sempre accolto, per studiare e qualche volta per divertirci insieme alle vecchie professoresse, che ci hanno istruito al sapere, per essere pronti al mondo del lavoro. Con il bidello che ci sgridava quando facevamo confusione nei corridoio, che ci lasciava giocare a palletta nel salone, e poi venivano le maestre a sgridarci perché facevamo troppo rumore.. e ritornavamo in classe per continuare a studiare. E quando scendevamo giù alla mensa per mangiare, il cibo era ottimo, da leccarsi i baffi. Addio giardini, che ci avete visto crescere che ci avete fatto giocare, litigare e poi fare pace.. addio amici miei, con voi ho passato moltissime momenti belli, momenti tristi e felici. Vi dico grazie di tutto. È arrivata la mia ora, devo partire, per un nuovo viaggio, per una nuova vita. So che vi dispiace ma anche a me dispiace lasciare voi ed il mio paese natio, ma un giorno tornerò. I motivi che mi costringono a partire sono molti. Spero un giorno di  rincontrarvi, in un futuro migliore dove non ci sono difficoltà, e farci due risate insieme come da bambini. Vi auguro una buona vita. Addio.
Riccardo

Sono stanco, ho fame, ho sonno, voglio rivedere la mia famiglia. Non posso saziare niente di tutto questo. Tutto solo per la follia di molti uomini che vogliono avere l' Afghanistan tutto per loro. Loro non capiscono che in una nazione si può vivere in pace anche in tanti.
Non si rendono conto di questo. Iniziano a saccheggiare i nostri villaggi ed uccidere tutti i nostri figli.
Ad un certo punto io e la mia famiglia non ce la facevamo più, quindi siamo partiti; ma appena superato il confine dell' Afghanistan un soldato ci vide e ci inseguì.
Sopravvissi solo io.
Ed ora mi trovo qui, su una nave diretta in Spagna che in questo momento sta attraversando il Mediterraneo.
Mi manca tutta la mia famiglia, nessuno escluso.
A volte penso a come sarebbe stato il nostro paese in pace e mi immagino insieme alla mia famiglia mentre giochiamo e intorno a noi tutto è stupendo.
Tutto questo però non è ormai più possibile e solo per degli uomini che desiderano troppo .
Addio amici miei, addio casa profumata, addio famiglia.
Emanuele

Eccomi qui, mi trovo a dover lasciare il mio paese contro la mia volontà, per quanto io mi opponga sono costretta a seguire i miei genitori essendo piccola.
Purtroppo mio padre dopo tanti anni di sacrifici è stato licenziato e adesso grazie ad un’agenzia è riuscito a trovare un nuovo lavoro a Madrid, per questo dobbiamo trasferirci in Spagna; non so cosa troverò lì ma sono consapevole di ciò che lascio: lascio i miei bellissimi quattordici anni di vita in cui ho conosciuto gente meravigliosa.
Mi viene da piangere al solo pensiero di lasciare soli i miei nonnini che mi hanno sempre coccolata e accudita, vedere i loro occhi pieni di lacrime mi rattrista ancora di più; pensare di uscire da scuola e non trovare più mia nonna che mi ha  preparato il pranzo, e mi ripete se ho ancora fame dopo che mi ha preparato un pranzo megagalattico e non sentire più mio nonno che mi rimprovera per avere in continuazione il cellulare in mano mi fa salire più ansia.
Io amo i miei nonni e non li lascerei per nulla al mondo, ma purtroppo devo farlo.
Se poi mi soffermo a pensare che lascio anche la mia seconda madre ovvero zia Luciana l’angoscia sale ancora di più; lei mi ha vista crescere nel vero senso della parola in quanto vive nella nostra casa, abbiamo condiviso tutto, è mia complice, infatti quando combino qualche guaio è sempre pronta a coprirmi, riesce ad essere mia amica e amica dei miei amici infatti quando mi vengono a trovare lei scherza, ride e gioca insieme a noi, speravo tanto che venisse insieme a me ma questo non è possibile.
E mi ripeto: “Giulia non pensarci!”
Oltre alla mia famiglia amo questo posto, le mie montagne che ogni mattina mi danno il buongiorno in modo diverso: una mattina le ritrovo coperte di neve bianca, un’altra mattina sono completamente splendenti perché rischiarate dal sole, alcune mattine invece sono un po’tristi perché ricoperte dalla nebbia e di conseguenza il mio umore si rattrista.
Pensare di svegliarmi in una grande città con il rumore di clacson al posto del cinguettio degli uccelli non fa altro che aumentare la mia voglia di rimanere.
Il mio pensiero adesso si concentra tutto sui miei amici, beh, che dire di loro, sono delle persone fantastiche di cui non potrò mai scordarmi, con loro ho condiviso ogni momento della mia infanzia e adolescenza, in questi anni mi hanno rubato il cuore uno in particolare voglio ringraziare che con i suoi modi, i suoi gesti e le sue parole mi ha fatto capire il senso della vera amicizia.
In un momento per me difficilissimo mi è stato sempre vicino.
Non posso di certo scordarmi delle mie grandi amiche, con loro ho vissuto i momenti più belli della mia vita, anche se spesso litighiamo, per me sono un punto di riferimento e nessuno mai prenderà il loro posto nel mio cuore, anche se mi aspetta un mondo nuovo.
Manca una settimana e ad ognuno di loro vorrei dire tante di quelle cose, ma non so da dove iniziare.
Mi auguro che anche loro di me abbiano un buon ricordo e che non mi dimentichino!
Arrivederci cari nonnini, a presto cara zia vi voglio bene e vi porterò sempre nel mio cuore!
Ciao amici miei, vi dico ciao perché sono sicura che un giorno tornerò!
Arrivederci cara Ponza … A presto! 
Giulia

Addio mio amato paese, grazie a te ho passato i momenti più belli della mia vita. Addio dolce paese dove sono cresciuta e dove ho capito che nella vita ci possono essere anche cose orribili, come questa terribile cosa che sta accadendo a me e alla mia famiglia. Purtroppo devo partire, ti devo lasciare con l’amaro in bocca! Addio miei cari amici, con voi ho passato i momenti più belli della mia vita, sono cresciuta assieme a voi. Mi mancheranno le nostre chiacchiere e anche le nostre inutili discussioni, ma purtroppo devo farlo. Prima o poi ci rivedremo, ve lo giuro. Addio mio caro paesello, non finirò mai di ringraziarti … qui sono cresciuta! Addio alberi, ricorderò sempre quella finestra che aprivo sempre al mattino per sentire l’odore dell’aria che tirava. Ricorderò anche il sapore della pioggia che ogni volta mi costringeva a rimanere davanti al camino quando faceva freddo. Adoro stare li davanti, con la mia famiglia a chiacchierare e a discutere. Ricorderò sempre la mia casa profumata dove ogni sera veniva il mio caro amico a consolarmi quando stavo di cattivo umore e a cercare di farmi sorridere.
Addio, ve lo giuro presto ritornerò! 
Caterina


Non posso crederci, me ne vado, me ne vado per sempre dalla mia cara Africa, non riesco a credere che la mattina mi sveglierò senza sentire il rumore che fanno le scimmie mentre saltano da un albero all’altro, non riesco a credere che non farò più quelle lunghe passeggiate in mezzo alla giungla, non riesco a credere che non vedrò mai più i leoni e gli altri animali.
Ma perché la mia vita deve essere cosi triste? Perché? Me ne sto andando dal mio paese perché mio padre e mia madre devono trovare un lavoro; ma oggi, nel 2014 con questa grande crisi come si fa ad avere un lavoro? E se una volta arrivati li, in Italia, la mia famiglia starà ancora peggio? Ho paura, ho veramente tanta paura di cambiare e di non essere accettato dai “bianchi”; mamma prima di salire su questo barcone mi ha detto tutto, mi ha detto che noi siamo una razza da sempre inferiore secondo loro, siamo solo gente da maltrattare, sfruttare, odiare, disprezzare. Noi per la maggior parte di loro siamo come animali a cui bisogna girare alla larga. Spero veramente che mamma si sbagli di grosso.
Adesso, per l’ultima volta vorrei salutare le cose che mi mancheranno di più dell’Africa … Addio animali selvaggi, proteggete la mia casa, addio alberi! Cercate di restare sempre e non far avanzare la siccità, addio venticello fresco, continua sempre a fischiare e mantieni freschi gli africani. Addio acqua, sei indispensabile per la vita li giù, quindi fai in modo di non mancare mai! E infine addio piccola casa, non cadere mai a pezzi, perché io un giorno tornerò e non ti sentirai più sola.
Gabriele