descrizione

Perché gocce di armonia? Armonia significa sovrapposizione, incontro, combinazione di suoni diversi. Suonare insieme vuol dire anche ascoltare l'altro per potersi migliorare, per poter sentire la musica con l'altro, per poter costruire insieme. Questo è quello che cerco di fare con i miei studenti: creare armonia, insegnando quanto ascoltare e ascoltarsi sia importante per imparare e conoscere insieme, insegnante inclusa.
Speriamo di comporre, goccia dopo goccia, un mare di sinfonie …
Voglio ringraziare la mia amica Cristina per l'aiuto e l'incoraggiamento, senza di lei questo blog non avrebbe mai avuto inizio. Grazie Crì

Il materiale presente nel blog è stato pubblicato con il permesso dei genitori dei ragazzi.

3 novembre 2014

La poesia d'amore: Jacopo da Lentini ... innamorarsi


 Ti dirò che sia amore. Amore è un fuoco. [...]
Andrea Perrucci (1651 - 1704)

Poesia d'amore del 1200
Nel nostro viaggio attraverso la lirica d'amore del Duecento andremo alle ricerca delle seguenti caratteristiche attraverso un continuo confronto della concezione di amore nel tempo:

- definizione di amore
- descrizione della donna amata
- innamoramento ed effetti sulla persona innamorata



L'anima di una persona è nascosta nel suo sguardo, per questo abbiamo paura di farci guardare negli occhi.
Jim Morrison 
  • Quando guardiamo negli occhi?
  • Quando evitiamo di farlo?




Jacopo da Lentini, Amor è un desio che ven da core
(sec. XIII)

Amore è uno desi[o] che ven da’ core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima genera[n] l’amore
e lo core li dà nutricamento.   4

Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ’namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nas[ci]mento:   8

ché li occhi rapresenta[n] a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio
com’è formata natural[e]mente;   11

e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e [li] piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.




Romeo e Giulietta, William Shakespeare (1594 – 1596)

MONNA CAPULETI - (A Giulietta)
Che dici: senti di poterlo amare
quel gentiluomo? Lo vedrai stanotte,
alla festa, da noi: cerca di leggere
quel ch’è scritto nel libro del suo volto,
e scopri in esso tutta la delizia
che la bellezza ha scritto di sua mano;
osserva come tutti i lineamenti
sono armonicamente coniugati
sì che ciascuno presta gioia all’altro;
e tutto quel che in questo bel volume
ti rimanesse oscuro, puoi trovarlo
negli occhi suoi, come una “nota a margine”.(22)

Riscrivi il passo in parole semplici.









Uno si costruisce grandi storie, questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci, non importa quanto pazze sono, e inverosimili, se le porta addosso, e basta. Si è anche felici, di cose del genere. Felici. E potrebbe non finire mai. Poi, un giorno, succede che si rompe qualcosa, nel cuore del gran marchingegno fantastico, tac, senza nessuna ragione, si rompe d’improvviso e tu rimani lì, senza capire come mai tutta quella favolosa storia non ce l’hai più addosso, ma davanti, come fosse la follia di un altro, e quell’altro sei tu. Tac. Alle volte basta un niente. Anche solo una domanda che affiora. Basta quello. — Madame Deverià... io come farò a riconoscerla, quella donna, la mia, quando la incontrerò? Anche solo una domanda elementare che affiora dalle tane sotterranee in cui la si era sepolta. Basta quello.

 — Come farò a riconoscerla, quando la incontrerò? Già. — Ma in tutti questi anni non ve lo siete mai domandato? — No. Sapevo che l’avrei riconosciuta, tutto qui. Ma adesso ho paura. Ho paura che non sarò capace di capire. E lei passerà. E io la perderò. Ha davvero addosso tutta la pena del mondo, il professor Bartleboom. — Insegnatemelo voi, madame Deverià, come farò a riconoscerla, quando la vedrò. Dorme, Elisewin, alla luce di una candela e di una bambina. E Padre Pluche, tra le sue preghiere, e Plasson, nel bianco dei suoi quadri. Forse dorme perfino Adams, l’animale in caccia. Dorme la locanda Almayer, cullata dall’oceano mare. — Chiudete gli occhi, Bartleboom, e datemi le vostre mani. Bartleboom ubbidisce. E subito sente sotto le sue mani il volto di quella donna, e le labbra che giocano con le sue dita, e poi il collo sottile e la camicia che si apre, le mani di lei che guidano le sue lungo quella pelle calda e morbidissima, e se le stringono addosso, a sentire i segreti di quel corpo sconosciuto, a stringere quel calore, per poi risalire sulle spalle, tra i capelli e di nuovo tra le labbra, dove le dita scivolano avanti e indietro fino a quando non arriva una voce a fermarle e a scrivere nel silenzio: — Guardatemi, Bartleboom. La camicia le è scesa sul grembo. Gli occhi le sorridono senza nessun imbarazzo. — Un giorno vedrete una donna e sentirete tutto questo senza nemmeno toccarla. Datele le vostre lettere. Le avete scritte per lei. (Alessandro Baricco, Oceano Mare)

Quale è il senso del brano appena letto?





Giunto al portone di Neruda, si appese alla funicella che azionava il campanello prescindendo da ogni discrezione. Tre minuti di quella dose non produssero la presenza del poeta. Appoggiò la bicicletta al lampione e con un residuo di forze corse verso le rocce della spiaggia, dove scoprì Neruda in ginocchio che scavava nella sabbia.
«Ho avuto fortuna», gridò mentre saltava sulle rocce avvicinandosi.
«Telegramma!».
«Hai dovuto alzarti presto, ragazzo».
Mario si spinse fino a lui, e dedicò al poeta dieci secondi di affanno prima di recuperare l'uso della parola.
«Non importa. Sono stato molto fortunato, perché ho bisogno di parlare con lei».
«Deve essere molto importante. Ansimi come un cavallo».
Mario si asciugò il sudore della fronte con una manata, asciugò il telegramma sulle cosce e lo depose in mano al poeta.
«Don Pablo» dichiarò solenne. «Sono innamorato».
Il vate usò il telegramma a mo' di ventaglio, e prese a muoverlo davanti al mento.
«Bene», rispose, «non è tanto grave. C'è rimedio».
«Rimedio? Don Pablo, se c'è rimedio, io voglio solo rimanere ammalato. Sono innamorato, perdutamente innamorato».
La voce del poeta, tradizionalmente lenta, questa volta parve lasciar cadere due pietre, anziché parole.
«Contro chi?».
«Don Pablo?».
«Di chi, insomma?».
«Si chiama Beatriz».
«Dante, accidenti!».
«Don Pablo?».
«C'era una volta un poeta che si innamorò di tale Beatrice. Le Beatrici suscitano amori sconfinati».
Il postino sfoderò la sua Bic, e con essa si grattò il palmo della sinistra.
«Che fai?».
«Mi scrivo il nome del poeta. Dante».
«Dante Alighieri».
«Con l'h».
«Ma no, con l'a».
«A come amaro?».
«Come amaro e come digestivo».
«Don Pablo?».
Il poeta estrasse la sua biro verde, appoggiò il palmo del ragazzo sulla roccia e scrisse con grafia pomposa. Mentre si disponeva ad aprire il telegramma, Mario si batté in fronte con l'illustre palmo e sospirò:
«Don Pablo, sono innamorato».
«Questo l'hai già detto. E io che posso farci?».
«Mi deve aiutare».
«Alla mia età!».
«Mi deve aiutare, perché non so cosa dirle. Me la vedo davanti ed è come se fossi muto. Non mi esce fuori neanche una parola».
«Come! Non le hai mai parlato?».
«Quasi niente. Ieri sono stato a passeggiare sulla spiaggia come mi aveva detto lei. Ho guardato il mare per un bel pezzo, e non mi è venuta nessuna metafora. Allora sono andato all'osteria e mi sono comprato una
bottiglia di vino. Be', è stata lei a vendermi la bottiglia».
«Beatriz...».
«Beatriz. Sono rimasto a guardarla, e mi sono innamorato di lei».

Il postino 

Cosa è accaduto al postino? Rintracciamo nel dialogo cosa dice e come si sente.






Trova le connessioni tra la canzone di Zucchero e il sonetto di Jacopo da Lentini.

  1. Cerca canzoni che esprimano lo stesso concetto di innamoramento ruotando sulle parole: occhi, cuore, bellezza, sguardo.
  2. Per ogni testo analizzato scrivi in cinque righe la spiegazione/sintesi, per esempio:


"La canzone di Zucchero, "Occhi", parla di ... infatti possiamo ritrovare delle connessioni con ..., ma il cantante ... ecc..."

"Nel passo tratto da "Il postino di Neruda" il protagonista racconta a ..., lui si sente ..., infatti ..., ma ... "

Nessun commento:

Posta un commento