descrizione

Perché gocce di armonia? Armonia significa sovrapposizione, incontro, combinazione di suoni diversi. Suonare insieme vuol dire anche ascoltare l'altro per potersi migliorare, per poter sentire la musica con l'altro, per poter costruire insieme. Questo è quello che cerco di fare con i miei studenti: creare armonia, insegnando quanto ascoltare e ascoltarsi sia importante per imparare e conoscere insieme, insegnante inclusa.
Speriamo di comporre, goccia dopo goccia, un mare di sinfonie …
Voglio ringraziare la mia amica Cristina per l'aiuto e l'incoraggiamento, senza di lei questo blog non avrebbe mai avuto inizio. Grazie Crì

Il materiale presente nel blog è stato pubblicato con il permesso dei genitori dei ragazzi.

28 febbraio 2014

Una voce dal passato: le leggi razziali

storia
IIIA Arcinazzo Romano
a.s. 2013/14



Il cane abbaiava alla luna. Ma l’usignuolo per tutta la notte tacque di paura.

L. Sciascia, Favole della dittatura






Sul filo della memoria e del ricordo insieme ai ragazzi abbiamo aperto un'ampia finestra sul nostro passato, quel passato che non si dovrebbe dimenticare mai anche se si vorrebbe cancellare, lo stesso passato che ci deve insegnare a non fare più, a non ripetere.
Proporrò qui i testi letti, indicandone la fonte, e l'attività svolta in classe.

Forse ho scelto il modo meno "gentile" per presentare l'argomento, ma dopo che avrò raccontato cosa è successo stamattina a scuola magari sarete d'accordo con me sul fatto che penso di aver raggiunto il mio scopo, anche se attendiamo i testi dei ragazzi.


Ho fatto uscire fuori tutta la classe e poi ho appeso sulla porta il seguente cartello:




Premetto che nella mia scuola (plesso) al nostro piano ci sono tre aule, due primarie pluriclasse e la mia terza media, quindi il bidello era all'erta e le maestre, mie complici, non avrebbero dato asilo a nessuno dei ragazzi estromessi dalla lezione. Sono rientrata con i ragazzi "ammessi", ma non è stato semplice farli rientrare, erano spaesati e non hanno capito subito quel che succedeva. Mentre fuori sentivo discutere animatamente (le maestre mi hanno riferito che parlavano di leggi fasciste), dentro è accaduto quello che non mi sarei mai aspettato; all'inizio non sapevano cosa dire, poi due ragazze hanno cominciato a piangere  ... 
Perché prof ha fatto questo? (risposta: mi è stato imposto)
Noi, prof, siamo 17 e non è giusto, tutti dobbiamo fare storia! (risposta: ora, solo noi possiamo fare lezione)
E' brutto così!
Prof, posso uscire insieme agli altri? (risposta: sì, ma non potrai rientrare e sarai trattata come loro) ... la ragazza si è alzata ed è uscita dall'aula
Prof, io non esco, non voglio essere diverso. 
Sono stati dieci minuti lunghissimi, poi ho fatto rientrare il resto della classe.
Ho chiesto loro scusa, anche se alla fine avevano capito cosa stessi facendo e abbiamo dato il via alle riflessioni.
- siamo stati cacciati senza un motivo valido
- mi sono sentita esclusa, discriminata
- ho provato rabbia nei confronti degli altri rimasti dentro e verso di lei
... per le altre riflessioni aspettiamo i testi dei ragazzi, ma abbiamo discusso molto sulla mia scelta dei criteri usati per escludere i ragazzi, aiutandoci poi con i documenti e le testimonianze dell'epoca.



QUESTIONE DI RAZZA - Trilussa


- Che cane buffo! E dove l'hai trovato? -

Er vecchio me rispose: - è brutto assai, ma nun me lascia mai: s'è affezzionato.
L'unica compagnia che m' é rimasta, fra tanti amichi, è 'sto lupetto nero:
nun è de razza, è vero, ma m'è fedele e basta.
Io nun faccio questioni de colore:
l'azzioni bone e belle
vengheno su dar core
sotto qualunque pelle.




Brani tratti da:
- Tutti i discorsi, Benito Mussolini, 1938
- testo di storia (esercizi e letture)

Attività:

Per chi è uscito dall'aula
Siamo nel 1938, ho quattordici anni, una mattina mi hanno detto che non potevo più andare a scuola perché ero ebreo.
Scrivi una lettera ad un coetaneo del futuro raccontando ciò che hai vissuto (fatti, emozioni, speranze spezzate ... aiutati con le letture fatte) e consigliandolo nella speranza di un futuro migliore.

Per chi è rimasto in aula
Siamo nel 1938, ho quattordici anni, una mattina alcuni miei compagni di classe non sono più venuti a scuola perché ebrei.
Scrivi una lettera ad un coetaneo del futuro raccontando ciò che hai vissuto (fatti, emozioni, speranze spezzate ... aiutati con le letture fatte) e consigliandolo nella speranza di un futuro migliore.


Ero lì fuori, insieme ad altri miei compagni, i miei occhi fissavano quella maledetta porta di legno e nel frattempo scorreva quella scena di quel dito puntato verso di noi che ci aveva detto di andare fuori e non tornare più.
Non potevo più tornare nella mia scuola, nella mia scuola!
Volevo spiegazioni, ma nessuno me le dava perché in fondo delle vere e proprie spiegazioni non c’erano. E fu proprio in quegli attimi che conobbi la tristezza, la vera tristezza che era in ognuno di noi lì fuori. Fu proprio in quegli attimi che capii che quelli lì dentro erano diversi da me, anzi, io ero diversa da loro. In confronto a loro non valevo niente, loro erano più di me.
In quegli istanti capii che potevi essere anche la più bella dell’universo, la più intelligente della classe, la persona più buona in quel mondo, ma eri ebrea, sì, eri ebrea e non eri nessuno, eri solo una persona che nel mondo era nata solo perché c’era posto, né più né meno.
Immagina come potevo essere triste, è come se di punto in bianco arrivasse qualcuno e ti togliesse la cosa più cara che hai. E perché? Perché sono ebrea. La scuola era la mia vita, ma me l’hanno tolta ed è come se mi avessero tolto la vita. Ed in fondo come avrei fatto a vivere senza la mia vita? Da quel giorno, da quel maledetto giorno non ho più vissuto. Ero una semplice bimba che aveva la scuola come passione, ma a loro non gliene importava nulla. Ancora adesso mi fa male ricordare tutto questo, fa male ricordare quelle grida contro di me con quelle dita puntate contro.
Fa male.
Ma fa ancora più male vedere le stesse identiche discriminazioni oggi. Ma tu rifletti, cos’hai più di quel ragazzo con la pelle nera? Oppure cos’ha lui in più di te? Niente, siete persone uguali e allo stesso tempo diverse. Immagina come sarebbe triste il mondo con tutte le facce chiare. Nel mondo c’è bisogno di contrasto, di armonia: il mondo deve essere un arcobaleno e noi dobbiamo essere i colori che ne fanno parte. Hai mai visto un arcobaleno di un solo colore?
Se un giorno vedrai qualche tuo coetaneo discriminare un ragazzo straniero, vagli vicino e digli che quel ragazzo lì è uguale a lui, è una persona come lui.
Se tu credi in te stesso, se credi nell’altro devi lottare affinché oggi questa parola svanisca nel nulla. Devi impedire che riaccada quello che mi è successo perché fidati, si parte da una piccola presa in giro fatta anche per scherzo, ma si arriverà al vero e proprio odio verso una persona. Tu lotta per questo così un giorno potrai gridare « Il mondo è di tutti» .
Elisa




"Uscite da questa classe"
Questa fù la frase che pronunciò la mia professoressa ai ragazzi ebrei,io non lo ero quindi potevo rimanere.
Nella classe rimanemmo in pochi, sembrava quasi vuota senza loro...Non capivamo quello che stesse succedendo e chiedevamo,chiedevamo e chiedevamo di nuovo,ma la professoressa con uno sguardo serio e freddo rispose che faceva solo il suo dovere, che eseguiva quello che le era stato detto di fare.
Le mie compagne scoppiarono in lacrime e vedevo in loro che erano preoccupatissime. Io però avevo capito sicuramente che i miei compagni lì fuori erano uguali a noi, avevano degli occhi per vedere ciò che succedeva, delle mani,un naso una testa un corpo,uguali a me,ovviamente non uguali come una fotocopia,ma il corpo era quello! Avevano un'anima che pian piano qualcuno stava distruggendo. Distruggevano i loro sogni, il sogno d'imparare. Io, in quell'aula così fredda e silenziosa, non mi sentivo differente dagli altri e mentre le mie compagne piangevano decisi di agire e allora chiesi alla professoressa di uscire insieme agli altri. Lei mi rispose: "Se vai fuori, ti tratterò come loro e non potrai più rientrare". Mi alzai e uscìi da quella maledetta porta, senza dire nulla e andai dai miei compagni,lì mi sentivo nel posto giusto. Sinceramente io non ci faccio nemmeno caso se un mio amico è bianco o nero, o se è ebreo o altro... Sto parlando con una persona uguale a me che magari segue altre colture, religioni che segue uno stile di vita diverso dal mio! E io mi incuriosisco anche a chiedere loro come pregano il loro Dio, come seguono la loro cultura! Solo un folle,potrebbe discriminare, odiare l’altro perché diverso, ma siamo tutti diversi! Come se fossimo un prato di mille fiori diversi,ma che nello stesso modo nascono,sbocciano, emanano polline,appassiscono...
Purtoppo nel mondo non tutti che la pensano come me. Ma queste persone capiranno prima o poi che tutto quello che è successo, che ancora succede e mi riferisco alle discriminazioni d'oggi è sbagliato.
Chiara


Ciao Erica,
ti scrivo questa lettera perché ti voglio far sapere che cosa ho provato, sì quel giorno lì … Ho provato cose che tu forse neanche riesci a immaginare soprattutto perché sono passati tanti anni e forse qualcuno ancora non ti ha spiegato che cosa è la diversità. Beh, la diversità come può essere scritto sul dizionario è una presenza di tratti sia fisici che caratteriali che ci rendono  uno diverso dall’altro. Invece, almeno per quanto mi riguarda non è affatto così. La diversità per me non esiste, e non esiste non perché io non la veda, non esiste perché anche se possiamo essere diversi di carattere o di aspetto fisico siamo tutti uguali con un cuore e un’anima. L’unico problema è che per alcune persone che per fortuna adesso non ci sono più, almeno spero, non è mai stato così: non è così perché si sono sempre visti come delle persone superiori a tutti gli altri, non è cosi perché hanno sempre creduto che nel mondo esistono, come le chiamano loro, “le razze”. Sai, mentre ti scrivo questa lettera sto cercando di ripercorrere tutti quei momenti che mi hanno riempito il cuore di lacrime amare; sicuramente ti starai chiedendo che cosa mi ha portato oggi a scriverti, dato che, ora come ora, di questi fatti non se ne parla più tanto, spesso ci dimenticano mentre bisognerebbe ricordare. Ma ti scrivo innanzitutto per dirti  che non ce la faccio a tenermi tutti i ricordi dentro e anche perché c’è bisogno che un adolescente come te conosca tutte queste cose che credo siano molto importanti. Mi ricordo tutto, tutto nei minimi particolari, tutto quanto! Può sembrare quasi impossibile ma è cosi. Come quel giorno, quel giorno si che è stato uno dei più sconvolgenti e tristi della mia adolescenza. Quel giorno è stato il giorno in cui ho capito veramente che la diversità non esisteva, che la diversità era solo qualcosa che l’uomo aveva “inventato” per i propri scopi. Ero a scuola, tutto era tranquillo quando ad un tratto la professoressa di storia ci chiede di uscire tutti fuori dall’aula. Usciamo. Lei esce. Appende un cartello alla porta con scritto che potevano assistere alla sua lezione tutti gli alunni esclusi quelli con i capelli biondi, gli occhi chiari e gli occhiali. Non sapevo che cosa stesse succedendo. In quel momento sapevo solo che io potevo rientrare in classe e fare lezione. Io ed altri miei compagni allora rientrammo e ci sedemmo. La professoressa era immobile seduta alla cattedra e noi zitti, senza neanche una parola che ci usciva dalla bocca. Lei stava leggendo quando ad un certo punto ci disse di ripassare storia. Avevamo capito. Le leggi razziali. Ecco che cosa stava succedendo. Ne avevo sentito parlare. La scuola aveva cacciato tutti gli ebrei. Mi veniva da piangere. Non so il perché, ma sentivo il mio cuore battere all’impazzata e la mia anima piena di un immenso fiume  di pesanti lacrime. Sì, ho pianto. Ho pianto perché dopotutto quella era l’unica cosa che mi veniva da fare in quel momento. Sentivo un vuoto dentro e non mi rendevo conto che quel vuoto apparteneva ed era legato ai miei amici, quelli che erano rimasti fuori. Sentivo quella stanza vuota, come un bicchiere senza acqua, sentivo i respiri lunghi e nostalgici dei miei amici dentro l’aula. Mi sentivo sola perché tutto quello di cui avevo bisogno erano tutti, tutti i miei compagni di scuola. Li volevo lì con me, in quel preciso istante avrei solo voluto che fossimo tutti insieme, ma non era così e io avevo capito, avevo capito bene il perché, anche se non volevo ammetterlo per non far straripare quel fiume che era nella mia anima, che però avrebbe voluto solo uscire fuori. Ecco … questo è solo uno dei tanti istanti della mia adolescenza piena di ricordi, lacrime e piccoli sospiri di felicità. E ricordati che la diversità non esiste, puoi vederla nelle piccole cose di tutti i giorni, così di sfuggita, ma se guardi in fondo al cuore e all’anima di ognuno potrai vedere che la diversità non esiste e che nel mondo siamo tutti uguali, perfetti con i nostri difetti!

Camilla

Caro ragazzo,
sono un ebreo del 1938. Sono nato in Italia, sono italiano, ho una cittadinanza italiana ma sono ebreo, il mio unico torto; tutta la mia famiglia è ebrea.
Era un tranquillo lunedì , c’era il sole e stavo andando a scuola com’ero solito dal lunedì al venerdì. Però vicino al portone d’ingresso  della scuola c’erano due uomini in camicia nera, erano armati. Mi stavo avvicinando sempre più al portone, e intravidi delle mamme che si stavano agitando e che parlavano con quegli uomini.
Senza fare caso alle mamme che gridavano e ai vestiti in nero, stavo per entrare, quando uno dei due uomini, interrompendo la signora che urlava, disse:
-Sei ebreo?
- Si. Perché?
-Non puoi più frequentare la scuola pubblica o qualsiasi tipo di edificio pubblico-  
 -Perché?  
-Sono questi gli ordini del duce - spiegarono loro.
Poi passò la madre di un mio amico e Sebastian, suo figlio. A quel  punto,  davanti al portone della scuola si fermò, doveva andare a scuola. Lo stesso -Sei  ebreo?
-No- disse sua madre poi continuò –come fa a confonderlo con quella razza?- mentre Sebastian entrava.
-Perché lui si e io no?
Stavolta la risposta fu diretta, senza girarci intorno:- PERCHE’ SEI EBREO!!!
A quel punto ho cominciato a piangere, perché avevo capito che non contavo più niente. Equivalevo allo zero. Ero la spazzatura che anche un barbone avrebbe buttato.
Ti assicuro che non è una bella sensazione e vorrei che tu non la provassi mai. Immagina di essere discriminato per il tuo modo di essere, il tuo carattere. È una situazione che ti dà rancore e rimpiangerai il giorno in cui non ti sei ribellato contro queste leggi che fanno di un uomo polvere.
Rispetta sempre chi ti sta accanto e farà lo stesso con te.
Giorgio

Caro Giovanni,
sono preoccupato,oggi la maggior parte dei miei amici e compagni di studi sono rimasti fuori dalla scuola,sento ancora la voce della preside che li sbatte fuori perché sono ebrei. Sento ancora il loro respiro sulla mia pelle,mentre ci parlavamo fuori dalla scuola,vedo ancora i loro occhi e il loro viso sconvolto dalla brutta notizia. E' come un rullino di una fotocamera che scorre lentamente nella mia mente. Non riesco neanche a stare attento e a seguire le lezioni perché non riesco a pensare ad altro, per me è stato uno shock. E' passata solo un'ora dall'inizio delle lezioni, non sopporto più tutto questo stress, sto pensando a quello che possono provare adesso i miei amici, i miei compagni, sopportavamo tutto insieme, risolvevamo insieme tutti i problemi,ma ora non so come aiutarli, non so come fare a stargli vicino,voglio che sfoghino tutta la loro rabbia e dolore su di me!Però adesso che siamo divisi non ho potere, non posso fare nulla per loro, nulla!Vorrei tanto sapere come è cambiato il mondo, tu forse ora non puoi capire tutta la rabbia che ho dentro, perché sono arrabbiato?Non posso tollerare le bugie, prova a pensare alle ingiustizie, cioè al perché i miei compagni non possono frequentare le lezioni come tutti. Perché sono ebrei ?Ma non è una giustificazione per cacciarli, sono ragazzi come tutti e devono avere gli stessi diritti degli altri. Chissà adesso cosa stanno facendo,se si sentiranno soli e forse anche loro si stanno ponendo le stesse domande che mi sto facendo io. Spero che le lezioni finiscano presto,voglio andarmene da questo posto, perché ormai non si può definire più neanche scuola, voglio tornare dai miei amici.
Ancora un'ora alla fine, l'ansia aumenta, come la solitudine e il dolore nel cuore... E' finita la lezione,finalmente posso tornare dai miei compagni, non vedo l'ora di farmi raccontare quello che hanno fatto durante la mia assenza,voglio consolarli,voglio stargli vicino. Spero che nel futuro tutto questo non succeda ma se dovesse accadere, ricorda, resta sempre vicino ai tuoi amici .
Nicolò

Caro Gianluca,
ti scrivo questa lettera per raccontarti un po’ la mia vita che credo ti farebbe un po’ da lezione per come sei fatto sia tu che i tuoi amici, che definirei proprio dei vandali. Quando ti conoscevo non eri così, sei cambiato da un giorno all’altro; dal grande educato e bravo ragazzo al ragazzo ignorante e maleducato.
Adesso tu fumi, bevi, bestemmi, rispondi male, offendi le persone,vai in discoteca quasi tutti sabato e ti vorrei far notare che hai solamente quattordici  anni, non diciotto che puoi fare come ti pare.
Per cominciare,era una bellissima giornata di venerdì e come tutti i giorni entrammo a scuola. Alle prime due ore c’era musica, quella mattina eravamo tutti euforici, svegli e pronti per la grande interrogazione di storia per le ore successive.
Suonò la campanella e la nostra professoressa sempre sorridente entrò tutta seria e sembrava preoccupata, e noi essendo già agitati per l’interrogazione ci preoccupammo ancora di più.
All’improvviso cacciò tutti quanti, appese sulla porta un cartello con su scritto che alcuni alunni sarebbero dovuti uscire per non rientrare mai più a scuola. Gli alunni che avevano determinate caratteristiche.
Io non corrispondevo alla descrizione e così entrai insieme ad altri miei compagni in classe. La professoressa fece l’indifferente e ci disse di ripassare per l’ interrogazione, ma non ci spiegavamo il fatto del perché la metà della nostra classe dovesse stare fuori.
Ma subito capimmo; era nel 1938 ed erano appena state promulgate le Leggi Razziali le quali dicevano che i bambini ebrei non potevano andare più a scuola e nella mia classe la maggior parte erano ebrei,ma io non ci ho fatto mai caso a questo per me erano uguali a tutti, li trattavo allo stesso modo.
La mia compagna di banco era ebrea e il fatto che da quel giorno non poteva essere più la mia compagna di banco mi faceva agitare tanto; io e gli altri compagni non accettavamo il fatto di questa divisione e cominciammo a piangere. Avevo tanto il desiderio di andare ad aprire quella porta e di farli rientrare tutti, perché quella non era la mia classe,eravamo quattro gatti,nella mia vera classe eravamo diciassette e eravamo tutti quanti diversi,ma non di etnia o di razza come dicono le persone senza cuore,noi eravamo diversi di carattere,di sesso e di bellezza, eravamo persone diverse!
Quel venerdì in quella classe non mi sentivo più me stessa era come se avessi voluto diventare come loro, perché io rimanendo in classe era come se stessi dando ragione alle persone cattive che avevano cacciato i miei AMICI; allora preferivo schierarmi dalla parte delle persone escluse e “diverse”.
Vengo a raccontare queste cose proprio a te perché sei tu che disegni i segni nazisti sui muri dei giardinetti con l’uniposca,ti ho sentito dire che gli ebrei sono animali che devono solamente soffrire e devono essere maltrattati. Ma capisci quello che dici?
Ma prova a metterti nei loro panni, poi vediamo se cambi idea.
Io voglio solo che tu cambi idea perché vorrei per te un futuro migliore e bellissimo,ma credo che se continui ad andare dietro quella massa ti rovini solamente.

Un bacione, nonna Elena



Caro Filippo,
quando tu aprirai e leggerai questa lettera io sarò già morto. Volevo scrivere questa lettera per sfogarmi e per insegnarti qualcosa.
Nel 1938 ero un ragazzo e, come te, andavo a scuola. Ero e sono di religione ebraica.
Quel famoso giorno mentre andavo a scuola tutti mi fissavano come un extraterrestre. Anche le maestre mi guardavano come se fossi uno straniero. Quando suonò la campana entrammo tutti e andammo, io e i miei compagni, nella mia classe. Preparai i libri con le penne tutti continuavano a fissarmi, finché la maestra si alzò e si avvicinò a me. Io le dissi buongiorno ma lei niente. Mi guardò per pochi secondi e infine mi disse:
“Prendi le tue cose ed sci fuori dalla scuola”.
Io chiesi perché e che cosa avevo fatto, ma lei non mi rispose. Presi le mie cose e tornai a casa. Mentre tornavo a casa, come al solito tutti mi fissavano. Quando entrai a casa c'erano tutti. Io mi preoccupai perché né mamma né papà mi chiesero come mai non stessi a scuola. Dopo mezz'ora entrò mio fratello maggiore incavolato nero. Io provai a parlargli ma lui non mi calcolò neanche. Mamma, papà e mio fratello andarono in cucina e cominciarono a parlare, io mi misi dietro la porta a sentire ma non capivo niente. Quando uscirono chiesi spiegazioni a tutto questo, ma solo mio fratello mi prese e mi disse che noi eravamo ebrei, e non potevamo fare più niente, né andare a scuola, né al lavoro né in nessun altro posto. Appena sentii questa notizia ebbi un vuoto d'aria, un mancamento. Solo pensare all'idea di non rivedere i miei amici, con cui avevo l'infanzia. Non rivedere più le professoresse, cosa farò con la scuola, la matematica, la mia materia preferita. Avevo 10, ora cosa mi metterà la maestra. Sono triste, non voglio vivere così, solo perché sono ebreo perché non devo essere uguali agli altri. Non possono andare nemmeno al bar, parlare con il barista e con gli anziani che ogni giorno mi danno un consiglio. Perché tutto a me? Perché? Gli uomini sono tutti uguali, senza alcuna differenza. Io e tutti gli ebrei vivemmo un periodo straziante. Gli altri ci misero da parte? Cosa avrebbero fatto al nostro posto? Tu che cosa ne pensi? Ti sentirò dal cielo se è possibile.
Ti do un consiglio: vivi la vita al meglio e fuggi dalle cose brutte, rispetta gli altri e apprezzali per quello che sono.
Saluti
Riccardo


Cara Chiara,
stiamo nel 2014 ed è passato molto tempo da quando furono emanate le leggi razziali.
Ti scrivo questa lettera innanzitutto per spiegarti meglio cosa si provava, perché a volte sui libri di storia non ci sono scritte tutte le informazioni che ti servirebbero per capire meglio cosa fosse successo in quel maledetto periodo di terrore; vorrei scriverti questa lettera anche per sfogarmi un po’ in qualche modo. Sai, a volte ripenso a tutto quello che abbiamo passato, perché i ricordi sono in fila e non mi mollano, ad uno ad uno salgono e mi tormentano. Un giorno a scuola mi sentivo confusa, mi sentivo imprigionata, sola ed era molto strano perché non ero sola. Era una giornata strana: i miei compagni ebrei erano stati cacciati da scuola. Un fatto molto strano, non trovi? Nella mia classe regnava solo il dubbio di una paura incerta; regnava solo la perplessità e il dolore di tutti noi, perché ci sentivamo la metà del frutto. Sinceramente mi veniva voglia di piangere. Non capivo cosa stesse succedendo, non riuscivo a capire perché metà della mia classe era stata cacciata senza neanche una stupida, insignificante motivazione che avrebbe potuto fare la differenza. Quel mondo faceva troppo chiasso ed io non sentivo più quello che pensavo. Non riuscivo a stare tranquilla. La mia testa era piena di domande a cui, purtroppo, non riuscivo a dare risposte. Mi sentivo come una piccola formichina in un formicaio gigantesco, non avevo via di scampo. Dovevo solo stare muta e almeno provare a far finta che non stesse succedendo niente, ma non ci riuscivo! Era più forte di me, capisci? Dicono che alcune cose è meglio che le scordi, perché ti mangiano dentro e non te ne accorgi. Beh ... Forse dovrei dimenticare tutto quello che abbiamo passato, ma come faccio? Come faccio a dimenticare un pezzo della mia vita che è stata distrutta? Come faccio? Non riesco nemmeno a dire: a me non interessa più. Non ci riesco, perché io non dimentico nulla, non archivio nulla.  Mi è stata tolta un pezzo di vita. Quel maledetto 1938 resterà scolpito per sempre dentro me, anche se non lo vorrò, dovrò accettarlo e basta! Però devo dire che “quest’esperienza” mi ha fatto riflettere molto. Sono diventata più forte e più determinata. Posso solo dirti che affrontare sempre i giorni con la speranza, può farti stare meglio. Sono riuscita ad andare avanti grazie alla speranza di un mondo migliore e credo che dovresti farlo anche tu, dovresti farlo per il tuo futuro che ogni giorno ti segnerà il destino.
Lucia


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