IA Affile
a.s.2013 - 14
Finalmente in prima media! Un passo importante, l'inizio di un nuovo cammino. Lo percorreremo insieme, ma voglio trascorrere queste prime lezioni con voi a conoscerci meglio.
Conoscersi è molto importante, conoscere se stessi, come conoscere bene i propri compagni, conoscere i professori e cosa possono fare per noi.
Iniziamo quindi il nostro viaggio nella scuola dei "più grandi" con queste divertenti attività.
Di seguito illustrerò una serie di attività per l'accoglienza, ma non vi mostrerò i testi realizzati dai ragazzi per motivi vari.
Abbiamo letto e commentato insieme questo racconto:
«Va a Dehra Dun?», chiesi mentre il treno usciva dalla stazione. Mi chiedevo se sarei riuscito a impedirle di scoprire che non ci vedevo. Pensai: se resto seduto al mio posto, non dovrebbe essere troppo difficile.
«Vado a Saharanpur», disse la ragazza. «Là viene a prendermi mia zia. E lei dove va?».
«A Dehra Dun, e poi a Mussoorie», risposi.
«Oh, beato lei! Vorrei tanto andare a Mussoorie. Adoro la montagna. Specialmente in ottobre».
«Sì è la stagione migliore», dissi, attingendo ai miei ricordi di quando potevo vedere. «Le colline sono cosparse di dalie selvatiche, il sole è delizioso, e di sera si può star seduti davanti al fuoco a sorseggiare un brandy. La maggior parte dei villeggianti se n'è andata, e le strade sono silenziose e quasi deserte».
Lei taceva, e mi chiesi se le mie parole l'avessero colpita, o se mi considerasse solo un sentimentaloide. Poi feci un errore. «Com'è fuori?» chiesi.
Lei però non sembrò trovare nulla di strano nella domanda. Si era già accorta che non ci vedevo? Ma le parole che disse subito dopo mi tolsero ogni dubbio. «Perché non guarda dal finestrino?», mi chiese con la massima naturalezza.
Scivolai lungo il sedile e cercai col tatto il finestrino. Era aperto, e io mi voltai da quella parte fingendo di studiare il panorama. Con gli occhi della fantasia, vedevo i pali telegrafici scorrere via veloci. «Ha notato», mi azzardai a dire «che sembra che gli alberi si muovano mentre noi stiamo fermi?».
«Succede sempre così», fece lei.
Mi girai verso la ragazza, e per un po' rimanemmo seduti in silenzio. «Lei ha un viso interessante» dissi poi. Lei rise piacevolmente, una risata chiara e squillante. «E' bello sentirselo dire», fece. «Sono talmente stufa di quelli che mi dicono che ho un bel visino!».
«Dunque, ce l'hai davvero una bella faccia», pensai, e a voce alta proseguii:
«Beh, un viso interessante può anche essere molto bello».
«Lei è molto galante», disse. «Ma perché è così serio?».
«Fra poco lei sarà arrivata», dissi in tono piuttosto brusco.
«Grazie al cielo. Non sopporto i viaggi lunghi in treno».
Io invece sarei stato disposto a rimaner seduto all'infinito, solo per sentirla parlare. La sua voce aveva il trillo argentino di un torrente di montagna. Appena scesa dal treno, avrebbe dimenticato il nostro breve incontro; ma io avrei conservato il suo ricordo per il resto del viaggio e anche dopo.
Il treno entrò in stazione. Una voce chiamò la ragazza che se ne andò, lasciando dietro di sé solo il suo profumo.
Un uomo entrò nello scompartimento, farfugliando qualcosa. Il treno ripartì. Trovai a tentoni il finestrino e mi ci sedetti davanti, fissando la luce del giorno che per me era tenebra. Ancora una volta potevo rifare il mio giochetto con un nuovo compagno di viaggio.
«Mi spiace di non essere un compagno attraente come quella che è appena uscita», mi disse lui, cercando di attaccar discorso.
«Era una ragazza interessante», dissi io. «Potrebbe dirmi... aveva i capelli lunghi o corti?».
«Non ricordo», rispose in tono perlesso. «Sono i suoi occhi che mi sono rimasti impressi, non i capelli. Aveva gli occhi così belli! Peccato che non le servissero affatto... era completamente cieca. Non se n'era accorto?».
1. descrivetevi con una sola parola o frase - inizio io:
"Oggi quando mi sono svegliata pioveva, io non sopporto dover uscire quando fuori piove, ma ho dovuto farlo per venire a scuola da voi."
2. descrivetevi utilizzando nomi e aggettivi, partendo dalle iniziali del tuo nome
3. ed ecco altri acrostici
leggiamo insieme il testo di R. Piumini
Nel silenzio, signori e signore,
ci sono molti suoni,
molto rumore.
C'è il ssss del vento,
c'è l'iiii del violino,
c'è illlli del rubinetto,
c'è l'eeee della sega,
c'è il nnnnn della nave,
il zzzzz della zanzara,
l'iiiii dei fischi
e l'ooo dello stupore.
Nel silenzio, come vedete,
c'è molto suono, signori e signore,
c'è molto rumore.
Ora che più o meno sappiamo come siamo e abbiamo fatto conoscenza, direi che possiamo fare un passo avanti. Leggiamo e riflettiamo insieme su questi testi.
Messaggio per un’aquila che si crede un pollo di Anthony De Mello
Abbiamo letto e commentato insieme questo racconto:
L'incontro di Bruno Ferrero, (in C'è qualcuno lassù)
«Ebbi lo scompartimento del
treno tutto per me. Poi salì una ragazza», raccontava un giovane indiano
cieco. «L'uomo e la donna venuti ad accompagnarla dovevano essere i suoi
genitori. Le fecero molte raccomandazioni. Dato che ero già cieco allora, non
potevo sapere che aspetto avesse la ragazza, ma mi piaceva il suono della sua
voce». «Va a Dehra Dun?», chiesi mentre il treno usciva dalla stazione. Mi chiedevo se sarei riuscito a impedirle di scoprire che non ci vedevo. Pensai: se resto seduto al mio posto, non dovrebbe essere troppo difficile.
«Vado a Saharanpur», disse la ragazza. «Là viene a prendermi mia zia. E lei dove va?».
«A Dehra Dun, e poi a Mussoorie», risposi.
«Oh, beato lei! Vorrei tanto andare a Mussoorie. Adoro la montagna. Specialmente in ottobre».
«Sì è la stagione migliore», dissi, attingendo ai miei ricordi di quando potevo vedere. «Le colline sono cosparse di dalie selvatiche, il sole è delizioso, e di sera si può star seduti davanti al fuoco a sorseggiare un brandy. La maggior parte dei villeggianti se n'è andata, e le strade sono silenziose e quasi deserte».
Lei taceva, e mi chiesi se le mie parole l'avessero colpita, o se mi considerasse solo un sentimentaloide. Poi feci un errore. «Com'è fuori?» chiesi.
Lei però non sembrò trovare nulla di strano nella domanda. Si era già accorta che non ci vedevo? Ma le parole che disse subito dopo mi tolsero ogni dubbio. «Perché non guarda dal finestrino?», mi chiese con la massima naturalezza.
Scivolai lungo il sedile e cercai col tatto il finestrino. Era aperto, e io mi voltai da quella parte fingendo di studiare il panorama. Con gli occhi della fantasia, vedevo i pali telegrafici scorrere via veloci. «Ha notato», mi azzardai a dire «che sembra che gli alberi si muovano mentre noi stiamo fermi?».
«Succede sempre così», fece lei.
Mi girai verso la ragazza, e per un po' rimanemmo seduti in silenzio. «Lei ha un viso interessante» dissi poi. Lei rise piacevolmente, una risata chiara e squillante. «E' bello sentirselo dire», fece. «Sono talmente stufa di quelli che mi dicono che ho un bel visino!».
«Dunque, ce l'hai davvero una bella faccia», pensai, e a voce alta proseguii:
«Beh, un viso interessante può anche essere molto bello».
«Lei è molto galante», disse. «Ma perché è così serio?».
«Fra poco lei sarà arrivata», dissi in tono piuttosto brusco.
«Grazie al cielo. Non sopporto i viaggi lunghi in treno».
Io invece sarei stato disposto a rimaner seduto all'infinito, solo per sentirla parlare. La sua voce aveva il trillo argentino di un torrente di montagna. Appena scesa dal treno, avrebbe dimenticato il nostro breve incontro; ma io avrei conservato il suo ricordo per il resto del viaggio e anche dopo.
Il treno entrò in stazione. Una voce chiamò la ragazza che se ne andò, lasciando dietro di sé solo il suo profumo.
Un uomo entrò nello scompartimento, farfugliando qualcosa. Il treno ripartì. Trovai a tentoni il finestrino e mi ci sedetti davanti, fissando la luce del giorno che per me era tenebra. Ancora una volta potevo rifare il mio giochetto con un nuovo compagno di viaggio.
«Mi spiace di non essere un compagno attraente come quella che è appena uscita», mi disse lui, cercando di attaccar discorso.
«Era una ragazza interessante», dissi io. «Potrebbe dirmi... aveva i capelli lunghi o corti?».
«Non ricordo», rispose in tono perlesso. «Sono i suoi occhi che mi sono rimasti impressi, non i capelli. Aveva gli occhi così belli! Peccato che non le servissero affatto... era completamente cieca. Non se n'era accorto?».
1. descrivetevi con una sola parola o frase - inizio io:
"Oggi quando mi sono svegliata pioveva, io non sopporto dover uscire quando fuori piove, ma ho dovuto farlo per venire a scuola da voi."
2. descrivetevi utilizzando nomi e aggettivi, partendo dalle iniziali del tuo nome
3. ed ecco altri acrostici
Acrostico con aggettivi
Emotivo
Dondolante
Orgoglioso
Amichevole
Rumoroso
Disordinato
Ostinato
|
Acrostico per costruire
una frase
Ero
Lì
In
Spiaggia
Assorta nei miei
pensieri
|
Acrostico poetico
Gironzolando
Io me ne vado a spasso in
bicicletta
Urrah! C’è la discesa.
L’aria fresca mi viene
sulla faccia.
Io sono
Allegra, quando c’è la discesa.
|
leggiamo insieme il testo di R. Piumini
Nel silenzio, signori e signore
Nel silenzio, signori e signore,
ci sono molti suoni,
molto rumore.
C'è il ssss del vento,
c'è l'iiii del violino,
c'è illlli del rubinetto,
c'è l'eeee della sega,
c'è il nnnnn della nave,
il zzzzz della zanzara,
l'iiiii dei fischi
e l'ooo dello stupore.
Nel silenzio, come vedete,
c'è molto suono, signori e signore,
c'è molto rumore.
partendo da un esempio si prosegue per la prossima "creazione poetica"
In
Edoardo signori e signore
In Edoardo, signori e signore
ci sono molti suoni
molto rumore.
C’è EEE di sirena
c’è DDD DI DONDOLIO
C’è OOO di canzone
c’è AAA di spavento
c’è RRR di rombo
DDD di dado
OOO di tragedia.
IN EDOARDO,
come vedete,
c’è molto suono, signori e signore,
molto
rumore.
Ora che più o meno sappiamo come siamo e abbiamo fatto conoscenza, direi che possiamo fare un passo avanti. Leggiamo e riflettiamo insieme su questi testi.
Einstein diceva:
" Ognuno è un genio, ma se si chiede ad un pesce di salire su un albero si
sentirà sempre uno stupido.
La favola del re
Trentatré di Claudio Imprudente
C’era una volta un re che si chiamava Trentatré.
Un giorno Trentatré pensò che un re deve essere
giusto con tutti.
Chiamò Sberleffo, il buffone di corte: “Io voglio
essere un re giusto - disse Trentatré al suo buffone - così sarò diverso dagli
altri e sarò un bravo re”.
“Ottima idea maestà” - rispose Sberleffo con uno
sberleffo. Contento dell’approvazione il re lo congedò.
“Nel mio regno - pensò il re - tutti devono essere
uguali e trattati allo stesso modo”. In quel momento Trentatré decise di
cominciare a creare l’uguaglianza nel suo palazzo reale.
Prese il canarino dalla gabbia d’argento e gli
diede il volo fuori dalla finestra: il canarino ringraziò e sparì felice nel
cielo. Soddisfatto della decisione presa, Trentatré afferrò il pesce rosso
nella vasca di cristallo e fece altrettanto, ma il povero pesce cadde nel vuoto
e morì.
Il re si meravigliò molto e pensò: “Peggio per lui,
forse non amava la giustizia”.
Chiamò il buffone per discutere il fatto. Sberleffo
ascoltò il racconto con molto rispetto, poi gli consigliò di cambiare tattica.
Trentatré, allora, prese le trote dalla fontana del
suo giardino e le gettò nel fiume: le trote guizzarono felici.
Poi prese il merlo dalla gabbia d’oro e lo tuffò
nel fiume, ma questa volta fu il merlo a rimanere stecchito.
“Stupido merlo - pensò Trentatré - non amava
l’uguaglianza”. E chiamò di nuovo il buffone Sberleffo per chiedergli
consiglio.
“Ma insomma! - gridò stizzito il re - come farò a
trattare tutti allo stesso modo?”.
“Maestà - disse Sberleffo - per trattare tutti allo
stesso modo bisogna, prima di tutto, riconoscere che ciascuno è diverso dagli
altri. La giustizia non è dare a tutti la stessa cosa, ma dare a ciascuno il
suo”. Messaggio per un’aquila che si crede un pollo di Anthony De Mello
Un
uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L’uovo si
schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l’aquilotto crebbe insieme
ai pulcini. Per tutta la vita l’aquila fece quel che facevano i polli del
cortile, pensando di essere uno di loro.
Frugava
il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le
ali alzandosi da terra di qualche decimetro. Trascorsero gli anni, e l’aquila
divenne molto vecchia. Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi,
uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti
correnti d’aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila
alzò lo sguardo, stupita: “Chi è quello?”, chiese. “E’ l’aquila, il re degli
uccelli” rispose il suo vicino. “Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo
alla terra, perché siamo polli.”
E così l’aquila visse
e morì come un pollo, perchè pensava di essere tale.
Poiché tentar non nuoce di R. Piumini
Non aspettare che ci sia il sereno
o cada una tiepida pioggia
o l’orchestra dei fiori
incominci a suonare
o i già muti pesci
tacciano ancora di più.
Fa’ che ti basti che cominci il giorno
e che sia fatto chiaro
come pagina bianca
voltata dopo
la nera.
Allora tieni la faccia
più alta che si può
e tenta
poiché tentar non nuoce.
Attività
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le attività sono tratte dal testo C. Balzaretti, Laboratorio di poesia 2, Erickson
Chiudiamo per ora con una poesia di Roberto Piumini spesso presente in questo mio piccolo blog
Da grande farò
Da grande farò
il guardiano di un faro
di trentasei colori.
Il pilota di un autobus
con le ruote-girandola.
Il fornaio-salumaio
dei panini imbottiti.
Il prete di una chiesa
tutta di vetro.
L’avvocato dei ladri
che rubano fiori.
Il vigile cow-boy
a un incrocio di mucche.
Il maestro di nuoto
dei delfini d’argento.
Il sarto delle vele
che strappò il vento.
Accompagnerò al mare
ogni piccolo fiume.
Farò il sollevatore
di piume.
il guardiano di un faro
di trentasei colori.
Il pilota di un autobus
con le ruote-girandola.
Il fornaio-salumaio
dei panini imbottiti.
Il prete di una chiesa
tutta di vetro.
L’avvocato dei ladri
che rubano fiori.
Il vigile cow-boy
a un incrocio di mucche.
Il maestro di nuoto
dei delfini d’argento.
Il sarto delle vele
che strappò il vento.
Accompagnerò al mare
ogni piccolo fiume.
Farò il sollevatore
di piume.
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