IIIA
Arcinazzo Romano
C'è un silenzio che impera
in questo campo,
lago di lacrime,
stalattiti
che il tempo
ha fissato
come spina
nel deserto di un dolore
che ancora
fa sentire
la sua piaga lacerata .
Brulicano ancora i passi
sulla terra
calpestata
di quei corpi massacrati,
e il tempo
non ha perso
la voce
del ricordo
ancora vivo
in questo campo .
in cui giace
l'assurdità .
Elisa Fonnesu 27 gennaio 2014
grazie maestra Eli di avermi concesso di inserire la tua poesia nel mio blog
Arcinazzo Romano
in questo campo,
lago di lacrime,
stalattiti
che il tempo
ha fissato
come spina
nel deserto di un dolore
che ancora
fa sentire
la sua piaga lacerata .
Brulicano ancora i passi
sulla terra
calpestata
di quei corpi massacrati,
e il tempo
non ha perso
la voce
del ricordo
ancora vivo
in questo campo .
in cui giace
l'assurdità .
Elisa Fonnesu 27 gennaio 2014
grazie maestra Eli di avermi concesso di inserire la tua poesia nel mio blog
Quest'anno ho deciso di dedicare la Giornata della Memoria ai bambini e ai ragazzi della Shoah, giovani come i miei alunni che presto impararono a conoscere il dolore, la sofferenza, la morte, la violenza e l'indifferenza. Cosa significò per un bambino vivere la persecuzione? Ho voluto raccontare storie di dolore, ma anche di forza e lotta per la vita, lotta per avere una giornata normale, una vita fatta delle solite cose, lotta per vivere la libertà e per avere una voce anche nella sopraffazione e dentro una vita apparente in attesa della morte quasi certa. Una vita vissuta tra il sogno e la realtà.
[...] In tutto, si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori; di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre le altre decine di migliaia erano Rom (Zingari), Polacchi e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura. Le possibilità di sopravvivenza degli adolescenti compresi tra i13 e i 18 anni, sia Ebrei che non-Ebrei, erano invece maggiori, in quanto potevano essere utilizzati nel lavoro forzato.
Il destino dei bambini, Ebrei e non-Ebrei, poteva seguire diverse vie: 1) i bambini venivano uccisi immediatamente, al loro arrivo nei campi di sterminio; 2) potevano venir uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli Istituti che li ospitavano; 3) i bambini nati nei ghetti e nei campi potevano sopravvivere quando gli altri prigionieri li nascondevano; 4) i bambini maggiori di 12 anni venivano destinati al lavoro forzato o erano usati per esperimenti medici; 5) infine, vi furono i bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle contro i gruppi partigiani.
Nei ghetti, i bambini ebrei morivano a causa della denutrizione e dell'esposizione alle intemperie, in quanto mancavano sia il vestiario che abitazioni adeguate. Le autorità tedesche rimanevano indifferenti di fronte a queste morti in massa perché consideravano la maggior parte dei ragazzini che viveva nei ghetti come elementi improduttivi e quindi come "inutili bocche da sfamare". Siccome i bambini erano troppo piccoli per potere essere utilizzati nel lavoro forzato, le autorità tedesche in genere li selezionavano per primi - insieme agli anziani, ai malati e ai disabili - per essere deportati nei centri di sterminio, o per le fucilazioni di massa che riempivano poi le fosse comuni. [...]
da Enciclopedia dell'Olocausto
Dialogo col passato: i ragazzi di ieri ai ragazzi di oggi
Ero in un angolo della stanza da
pranzo nella piena oscurità, accasciato sopra una poltrona, con le lacrime
copiose che mi solcavano il viso; avevo infatti perduto la sera prima il mio
amico-fratello Angelo Sonnino.
D’improvviso entrò nella stanza la mia nipotina Martina che accese la luce e guardandomi in volto mi disse: “Nonnino perché piangi?” La presi sulle mie ginocchia e baciandola sulla fronte le dissi: “Oggi un angelo buono è salito in cielo dal Signore”. Mia nipote Martina, che aveva allora poco più di sei anni e che, come tutte le bambine della sua età, era molto intelligente, mi domandò: “Come hai fatti a vedere un angelo buono se tu mi dici sempre che gli angeli buoni non si vedono mai?”. Baciandola in fronte, perplesso, le dissi: “Ora nonnino ti racconterà una storia, ma ricorda molto bene che questa storia è vera. C’erano una volta, tanto tempo fa, delle persone molto cattive che presero nonno e lo portarono in un posto molto brutto dove vi erano molte persone chiamate “deportati”, e fu in quel posto che nonno incontrò una persona che si chiamava Angelo Sonnino; costui era molto buono, e là diventammo tanto amici, lavorammo e dormimmo sempre insieme, e un bel giorno decidemmo di diventare fratelli. Passò molto tempo e un bel giorno il Signore decise di cacciare via tutti gli uomini cattivi, così noi due potemmo tornare dai nostri genitori. Passarono molti anni e il buon Dio decise di mandare a prendere dagli angeli buoni mio fratello Angelo e, poiché nella vita era stato sempre buono, fece diventare anche lui un angelo, e fece sì che andasse in cielo. E quando il Signore deciderà di mandare a prendere nonnino dagli angeli buoni io potrò riabbracciarlo e baciarlo come abbiamo sempre fatto”. Per questa storia ricevetti un bacione da mia nipote Martina che poi uscì spegnendo la luce. Di nuovo immerso nel buio, ritornavano nella mia mente oscuri ricordi: ero stato catturato dalla GESTAPO in un biliardo che era adibito a ricovero antiaereo; era la fine del ’43. Poiché era suonato l’allarme aereo, mi rifugiai in questo ricovero sotto il livello stradale. Dopo un’ora, d’improvviso, entrarono nel locale 4-5 uomini della GESTAPO che intimarono a tutti quanti di alzare le mani, di girarsi verso il muro e incominciarono a perquisirmi. Non dimenticate che in quei campi di sterminio vi erano deportati di altre religioni: cattolici, protestanti, zingari, uomini, eroi che immolarono la loro vita colpevoli soltanto di credere nella libertà e nell’uguaglianza delle genti. Quando voi giovani incontrerete un deportato abbiatene rispetto poiché sono i testimoni oculari del nostro “Olocausto” anche se qualcuno di loro porterà nella sua tomba particolari non raccontabili poiché nessuna mente umana li potrebbe comprendere. Sappiate che quando tutti loro saranno al cospetto di Dio vi saranno persone che metteranno in dubbio le sofferenze da loro subite e soprattutto la tragedia del popolo d’Israele. Questa è la storia di due uomini che da non conoscersi, nel martirio divennero fratelli. Mi scuso per il modo in cui ho scritto questa storia che corrisponde a pura verità ma dovete sapere che fui cacciato dalle scuole appena dodicenne per motivi razziali. Shalom Alberto Mieli |
La shoah: la storia
Insieme alla classe abbiamo affrontato già dallo scorso anno un percorso particolare nella "memoria", viaggio che aveva come occhi che raccontavano proprio bambini - ragazzi come loro, piccoli esseri che hanno vissuto il peso dell'intolleranza e che, ancora oggi e in alcune zone del mondo, non possono vivere liberamente la loro religione.
Lezioni precedenti:
Dedicheremo la nostra giornata della memoria ad altri ragazzi: i ragazzi di Terezin
durante la lezione di ragazzi leggeranno alcuni testi
durante la lezione di ragazzi leggeranno alcuni testi
Erano in 15.000:
ne sono sopravvissuti 142.
Avevano tutti un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni.
La città di Terezin si trova nella Repubblica Ceca, nella carta sopra il nostro punto A a circa 60 Km da Praga.
Tra il 1780 ed il 1790 l'imperatore d'Austria Giuseppe II fece edificare una fortezza militare al centro della Boemia. La città prese il nome di Theresienstadt (Terezin in ceco), la "città di Teresa" in onore dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria.
Per un lungo periodo, parte della fortezza fu usata come prigione dove venne rinchiuso e morì nel 1918 Gavrino Princip, assassino dell'erede al trono Francesco Ferdinando d'Austria.
La città fortificata di Theresienstadt venne scelta dai nazisti verso la fine del 1941 come luogo per deportare gli ebrei cechi. Tra il 24 novembre ed il 4 dicembre 1941 i nazisti inviarono a Theresienstadt circa tremilatrecento ebrei cechi.
Il 9 maggio 1945 le forze sovietiche liberarono la città dall'occupazione tedesca.
Cosa ci resta di quei 15.000 bambini?
4000 disegni e 66 poesie
Gli ebrei rinchiusi nel campo di Theresienstadt cercarono una parvenza di normalità: si sforzarono ad esempio per quanto possibile che tutti i bambini deportati potessero continuare il loro percorso educativo. Quotidianamente si tenevano lezioni ed attività culturali; inoltre la comunità riuscì a pubblicare una rivista illustrata, Vedem, che trattava di poesia, dialoghi e recensioni letterarie ed era completamente prodotta da ragazzi di un'età compresa tra i dodici ed i quindici anni. L'insegnante d'arte Friedl Dicker-Brandeis creò una classe di disegno per bambini nel ghetto: il risultato di questa attività furono oltre quattromila disegni che Dicker-Brandeis nascose in due valigie prima di essere deportata ad Auschwitz. Questa collezione riuscì a scampare alle ispezioni naziste e venne riscoperta al termine del conflitto, dopo oltre dieci anni.
I bambini, da un certo momento in poi, vennero costretti anche a lavorare.
Leggiamo insieme la testimonianza di Gabriele Silten, sopravvissuta di Terezin.
Il 23 giugno 1944 il governo danese chiede notizie sugli ebrei deportati, Hitler allora accorda una visita alla Croce Rossa Internazionale MA quello che gli ambasciatori vedranno non sarà affatto la vera Terezin; infatti i prigionieri in pessime condizioni, causate dalla fame, dal lavoro e dai disagi, verranno deportate in fretta nei campi di concentramento ad Est, mentre il resto il ghetto diventerà una specie di set cinematografico dove "recitare" la tranquilla vita di Terezin.
La farfalla di Pavel Friedman
L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
l’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
Chi s’aggrappa al nido
non sa che cos’è il mondo,
non sa quello che tutti gli uccelli sanno
e non sa perché voglia cantare
il creato e la sua bellezza.
Quando all’alba il raggio del sole
illumina la terra
e l’erba scintilla di perle dorate,
quando l’aurora scompare
e i merli fischiano tra le siepi,
allora capisco come è bello vivere.
Prova, amico, ad aprire il tuo cuore alla bellezza
quando cammini tra la natura
per intrecciare ghirlande coi tuoi ricordi:
anche se le lacrime ti cadono lungo la strada,
vedrai che è bello vivere.
E’ più di un anno che vivo al ghetto,
nella nera città di Terezìn,
e quando penso alla mia casa
so bene di che si tratta
|
|
O mia piccola casa, mia casetta,
perchè m’hanno strappato da te,
perchè m’hanno portato nella desolazione,
nell’abisso di un nulla senza ritorno?
Oh, come vorrei tornare
a casa mia, fiore di primavera!
Quando vivevo tra le sue mura
io non sapevo quanto l’amavo!
Ora ricordo, quei tempi d’oro:
presto ritornerò, ecco già corro.
Per le strade girano i reclusi
e in ogni volto che incontri tu vedi che cos’è questo ghetto,
la paura e la miseria.
Squallore e fame, questa è la vita
che noi viviamo quaggiù,
ma nessuno si deve arrendere:
la terra gira e i tempi cambieranno.
|
|
Che arrivi dunque quel giorno
in cui ci rivedremo, mia piccola casa!
Ma intanto preziosa mi sei
perché mi posso sognare di te.
| |
"Disegna ciò che vedi", furono le parole di mio padre dopo che gli avevo portato di nascosto, all´interno del campo maschile, il disegno di un pupazzo di neve.
Era il dicembre 1941, poco dopo il nostro arrivo a Terezin.
Il pupazzo di neve sarebbe rimasto il mio ultimo disegno veramente infantile. Spinta dalle parole di mio padre mi sentii chiamata, da quel momento in poi, a rappresentare nei miei disegni la vita quotidiana del Ghetto. Queste immagini, che mi avrebbero profondamente segnato, hanno posto fine alla mia infanzia. Quasi tutti i miei disegni li ho realizzati nell´ "alloggio delle ragazze" L410, dove avevo un posto nel piano di mezzo di un letto a castello di tre piani, proprio di fianco alla finestra, da cui vedevo la strada. Tenendo un blocco sulle ginocchia disegnavo dal mio letto tutto quello che vedevo e vivevo. Solo alcuni disegni li ho fatti all´aperto, per strada e nei cortili delle baracche. Nel trasporto verso Terezin avevo portato con me un blocco da disegno, una cassetta di acquerelli, pastelli e matite colorate. I colori mi durarono per quasi tre anni. Il prezioso blocco da disegno che avevo portato da casa era finito presto e in seguito ho usato qualsiasi tipo di carta mi fosse possibile trovare. In questo modo ho realizzato quasi 100 disegni.
Accanto alle immagini che documentavano la vita quotidiana del Ghetto, annotavo le mie esperienze personali. Quando nel 1944 fui deportata ad Auschwitz con mia madre, tre giorni dopo la partenza di mio padre per la stessa meta , lasciai i disegni e il diario in custodia a mio zio, che li nascose e riuscì a salvarli. Subito dopo la Liberazione, nell´estate del 1945, quando i ricordi erano ancora vivissimi nella mia mente, ho completato i miei ricordi di Terezin e ho descritto ciò che sperimentai nei Lager successivi, dove non ebbi più la possibilità di disegnare o scrivere.
Non c´è nessuna fotografia relativa a quei giorni, pertanto i disegni ne sono l´unico documento visivo.Spero di avere fornito in questo modo una viva, convincente e durevole testimonianza, che possa contribuire a non far cadere il passato nell´oblio e a impedire il ripetersi di qualcosa di simile!Helga Weissova
il film propaganda
Attività
1. lettura individuale del testo La Repubblica delle Farfalle i testi ispirati a questa lettura parteciperanno al Concorso Un sorriso per Federica indetto dall'ITIS Giovanni XXIII di Roma
2. la scorsa settimana, in previsione della lezione del 27 gennaio, è stato assegnato un lavoro sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ad ogni ragazzo è stato assegnato un personaggio che si è distinto nella difesa dei diritti, perché ricordare la Shoah significa non permettere che i diritti inalienabili dell'uomo siano violati, quindi è nostro dovere ricordare e imparare da chi prima di noi ha imparato e ricordato. Per ogni personaggio dovrà essere svolto un lavoro di ricerca (immagini, video, citazioni) e una presentazione in ppt con presentazione in classe. Importante sarà il riferimento agli articoli della Dichiarazione Universale e una riflessione personale.
Cliccare sull'immagine per leggere le presentazioni dei ragazzi
(ne mancano quattro)
Nessun commento:
Posta un commento